Il 68% pessimista sul futuro del Paese sotto la sua guidail caso

Dalla presidenza della normalità alla presidenza dell'austerità. Dall'era dorata di Nicolas Sarkozy all'epoca della depressione di François Hollande. Altro che Édith Piaf e l'ottimismo della sua vie en rose. Il morale dei francesi è ai minimi storici e sotto accusa finisce proprio l'inquilino dell'Eliseo, quel leader «normale» che con la sua ricetta mitterrandiana di «dare tempo al tempo» comincia a indispettire il Paese, in ansiosa attesa di un intervento straordinario come la crisi che lo sta investendo.
I numeri con i quali Hollande si presenta oggi al premier Mario Monti - con cui condivide non solo la crisi economica ma anche quella di popolarità - sono impietosi: i disoccupati in Francia hanno superato la soglia critica dei 3 milioni (non accadeva dal 1999) e il ministro del Lavoro Michel Sapin avverte che cresceranno ancora. Così a poco vale l'annuncio del premier Jean-Marc Ayrault, che suona quasi come un triste presagio: «Non voglio essere il primo ministro dell'austerità».
La crisi è forte e non sta solamente minando la fiducia dei francesi nel loro presidente, che ha infatti visto calare il consenso personale di ben 11 punti percentuali in un solo mese, da luglio ad agosto, ormai a quota 44% e sotto la soglia critica del 50%, mai raggiunta così in fretta né da Chirac, che ci arrivò solo a ottobre, né da Sarkozy che la toccò a dicembre, sette mesi dopo il suo insediamento. La crisi sta trasformando i francesi in un popolo che vede il futuro sempre più nero. Un sondaggio appena realizzato da Ifop svela che il 68% si dice pessimista sul futuro. Ma la novità è che il picco di depressione, sempre più vicino al record del 70% raggiunto nel 2005, non si era mai registrato a così breve distanza dal ricambio politico delle presidenziali. Non fu così all'indomani dell'insediamento di Chirac nel 2002 (allora i pessimisti erano il 34%) né fu così dopo l'ingresso di Sarkozy all'Eliseo, quando il 50% si definì «inquieto per sé e per i propri figli». La prova che è la congiuntura tra le difficoltà economiche e la presidenza «normale» a preoccupare i francesi. Perciò nel mirino finisce la filosofia che aveva regalato a Hollande la vittoria a maggio e che pare invece ora il simbolo migliore dell'eccessivo attendismo del capo dello Stato, l'opposto dell'iperattivismo e delle reazioni rapide a cui il predecessore Sarkò aveva ormai abituato i francesi. «Bisogna accettare di prendere tempo per poi guadagnarne», dicono Hollande e i suoi. Ma il tempo, con la crisi che incombe, rischia di ritorcersi ulteriormente contro l'immagine del presidente, tra l'altro alla vigilia di due appuntamenti cruciali: la presentazione della Finanziaria e il voto sul trattato europeo, entrambi a fine mese.
Così lo staff dell'Eliseo ha capito che è arrivato il momento di spingere sull'acceleratore, delle riforme e soprattutto della comunicazione mediatica. Dopo l'incontro di oggi a Roma col premier Monti e quello di domani a Londra con il primo ministro britannico David Cameron, si torna in patria e si cambia strategia. Domenica il presidente si presenterà negli studi di Tf1 per entrare nelle case dei francesi alle 20.

Ligio ai consigli di François Kalfon, il sondaggista della gauche: «Non si può più tornare a una presidenza tradizionale della V repubblica. I francesi cercano un colpo a effetto rassicurante nella parola pubblica. Vogliono una presenza fisica al loro fianco». È l'eredità di Sarkò con cui Hollande deve cominciare a fare i conti.

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