Il bisonte Storace di nuovo alla carica

Impressiona ma diverte pensare che Storace sia l'anagramma di Socrate

Impressiona ma diverte pensare che Storace sia l'anagramma di Socrate. Un breve giro di lettere e il filosofo della cicuta si tramuta nel politico dell'olio di ricino. Francesco Storace fece la gavetta nel vecchio Msi, attivista e autista, poi redattore del Secolo d'Italia con gli scarponi e assetto da battaglia. Ma, quando la fiamma si ridusse al lumicino, lui inventò Fini a mezzo stampa, perseguitò i media per strappare a morsi e a trovate qualche spazio al suo leader; si fece largo a gomitate e battute, con toni ruvidi ma spiritosi.

Romanesco con l'aggravante ciociara, ingiustamente noto come Epurator, Storace si rivelò una miscela curiosa di lieve e greve, frizzanti calembour e cariche da bisonte. Non pochi a sinistra confessavano simpatia per quel burlino, così franco, così ciccio. Fu presidente della Vigilanza Rai assai interventista, poi fu eletto governatore del Lazio: chi fu deluso, con ragione, dal suo operato, lo paragoni ai predecessori e ai successori e lo rivaluterà. Poi diventò ministro della Salute, cioè guappo del rione Sanità e fu segato, ma le accuse si sono rivelate infondate. Storace ebbe il coraggio, quando fu sciolta An, di salvare la destra e la fiamma dalla disonorevole scomparsa.

Con Berlusca fu leale ma autonomo, mai cortigiano.

Oggi torna candidato alla Regione e sfida Zingaretti, figlio del Partito e fratello di Montalbano, l'attore. Storace, invece, i partiti e i film se li fa da sé, fra Bud Spencer e la Ciociara, magari in tandem con la Mussolini, che si è riconciliata con lui.

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