Addio alle intercettazioni usate solo per distruggere

Ministri e politici, la lunga lista di vite e carriere rovinate dalla pubblicazione di chat e messaggi

Addio alle intercettazioni usate solo per distruggere
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Le intercettazioni a strascico, spesso chilometriche, allegate ai provvedimenti giudiziari hanno travolto e massacrato le vite di molti, risultati poi innocenti, ma spesso neppure indagati. Aspetti privati, relazioni personali o famigliari, giudizi su altre persone, confidenze, fatti intimi: tutto è finito dentro i faldoni chilometrici dei pm e poi in pasto all'opinione pubblica. La scia di vittime, per limitarsi alla politica, è lunga, personaggi il cui ricordo ormai è legato in modo indelebile ad una intercettazione, o anche solo ad una singola espressione contenuta nelle telefonate trascritte. Come la «sguattera del Guatemala» usato da Federica Guidi, allora ministro dello Sviluppo economico del governo Renzi, per lamentarsi del trattamento ricevuto dal fidanzato trafficone che continuava a chiederle favori. Questo e molti altri suoi sfoghi privati («per te valgo meno di zero come tutte») finiscono nelle cimici dell'inchiesta di Potenza su Tempa rossa e il business del petrolio. La Guidi, non indagata, è costretta a dimettersi, il fidanzato è indagato. Poi, dopo anni, finisce tutto nel nulla, anche per lui. Ma il danno è fatto. Triturato a pezzi anche Luca Morisi, lo spin doctor di Matteo Salvini nella sua ascesa di popolarità soprattutto sui social. L'immagine di Morisi viene distrutta dalla pubblicazione dei messaggi scambiati con due ragazzi romeni, protagonisti di un festino con stupefacenti. Parte l'inchiesta (a pochi giorni dalle elezioni amministrative), chat e messaggini diventano pubblici, come l'orientamento sessuale del braccio destro del leader leghista. E tutto si risolve con l'archiviazione, in sole due settimane. Altra vita maciullata dalle intercettazioni, senza ombra di reato. Altro caso, altro sputtanamento gratuito. Inchiesta della Procura di Padova sui cosiddetti tamponi rapidi, usati tra la prima e la seconda ondata di Covid, imputato il microbiologo Roberto Rigoli, ex coordinatore di tutte le unità di microbiologia del Veneto, e l'ex direttore generale di Azienda zero, Patrizia Simionato. Le intercettazioni rese però note dal programma Report non riguardano gli imputati, bensì due persone non indagate ma molto più famose. Uno è il presidente del Veneto Luca Zaia, l'altro è il microbiologo Andrea Crisanti, eletto senatore con il Pd. Nelle telefonate Zaia criticava pesantemente Crisanti che aveva contestato l'efficacia dei test rapidi acquistati dal Veneto e dato avvio con un esposto proprio all'inchiesta della procura padovana. Dopo circa un mese il gip di Padova ha deciso di escludere quelle intercettazioni nel processo, perché penalmente irrilevanti. Ma molto rilevanti per sputtanare Zaia. Anche Matteo Renzi è finito nelle intercettazioni dell'inchiesta Consip, a cui era estraneo, perché era sotto controllo il telefono del padre Tiziano. I giornali hanno così riportato le conversazioni tra l'ex premier e suo padre. «Non sono il primo a passare dalla gogna mediatica, e a qualcuno è andata peggio - commentò Renzi -. C'è chi si è tolto la vita, qualcuno ha perso il lavoro. Da almeno 20 anni c'è questo malcostume di pubblicare intercettazioni anche irrilevanti». E a giorni la Consulta deve pronunciarsi sul conflitto di attribuzioni tra il Senato e la Procura di Firenze nell'ambito dell'inchiesta sulla fondazione Open, nella quale i pm hanno sequestrato messaggi, chat ed email in cui l'interlocutore era Renzi. Anche Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile, è finito nella gogna dei messaggini e telefonate intercettate. In entrambi i casi, per l'inchiesta sul G8 della Maddalena e per quella sul terremoto dell'Aquila, è finito tutto nel nulla (assolto perchè «il fatto non sussiste» nel primo caso e per «non aver commesso il fatto» nel secondo), ma la tortura mediatica non se l'è potuta risparmiare.

Anche Massimo D'Alema è stato intercettato, nella vicenda della vendita di armi alla Colombia, in cui dice «alla fine riceveremo tutti noi 80 milioni di euro». L'ex leader Ds è stato indagato per questo. Proprio l'altro giorno ha riconosciuto che «Berlusconi sui magistrati ha avuto qualche ragione». Una coincidenza.

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