Una legge per tutelare i giovani agricoltori e una proposta normativa - approvata proprio oggi - che riconosce i costi di produzione nella filiera agroalimentare. Dalla maggioranza di governo sono arrivate nuove risposte concrete a un comparto che più di altri ha patito contraccolpi della crisi e gli effetti di alcune politiche penalizzanti targate Bruxelles. "È esattamente quello che chiedevano a gran voce i manifestanti sui trattori", sottolinea l'onorevole Mirco Carloni, presidente della commissione Agricoltura alla Camera, mostrando soddisfazione per l'odierno via libera di Montecitorio alla proposta di legge 851 sui contratti di cessione dei prodotti agroalimentari.
Onorevole, di che si tratta?
"Abbiamo fatto una delega in modo che, sulle materie prime, la cessione del prodotto e la commercializzazione tengano conto di un prezzo minimo dato dal costo di produzione. L'Ismea (istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ndr) stabilirà quali sono i prezzi minimi sotto i quali si commette pratica sleale. Questo definisce il valore dei beni, tutela gli agricoltori e permette di non far entrare sul mercato prodotti di basso livello che non rispettano la manodopera e i diritti umani".
Quali altre misure avete adottato?
"Abbiamo ottenuto l'approvazione della Legge Giovani (numero 36 del 15 marzo), che prevede una serie di agevolazioni volte a incentivare la permanenza dei giovani nel settore agricolo, con una dotazione finanziaria di oltre 200 milioni di euro. Il combinato disposto di questa norma e della proposta sui prezzi minimi riporta al centro del dibattito politico l'agricoltura e i bisogni di chi la pratica. Gli agricoltori, anche nelle recenti proteste, chiedevano meno burocrazia, meno tasse e costi minimi garantiti. Abbiamo dato una risposta importante e attesa da tempo: siamo i primi in Europa a farlo. E sottolineo che queste nostre istanze sono nate prima delle proteste, perché ci era già chiaro quali fossero le problematiche".
Come giudica l'atteggiamento dell'Europa su queste tematiche?
"Non ci siamo proprio. C'è una disparità totale tra la sostenibilità pretesa dall'Europa e importazione di beni extra-europei nelle filierie agroalimentari: questo atteggiamento ci penalizza ed è da correggere. Il rischio è che, con il dogma della sostenibilità, da una parte distruggiamo una rete di persone che custodisce la natura e dall'altra favoriamo prodotti che arrivano da Paesi in cui mancano tutele ambientali e diritti umani. Questo è un paradosso e anche un danno. Se dietro alla sostenibilità si nasconde sostituibilità, il pericolo è che in nostri prodotti agroalimentari coltivati in natura vengano rimpiazzati da beni ottenuti nei capannoni industriali, come si voleva fare con la carne sintetica, con il latte e le farine d'insetti".
Secondo alcuni, questo sarebbe il futuro.
"È un'aberrazione, ma è anche la negazione della nostra tradizione e dalla nostra identità. L'Europa dei fondatori aveva come elemento imprescindibile la politica agricola comune, perché quello era il modo per uscire dalla fame post-bellica e distribuire reddito. L'Europa di oggi tra tradito quei patti fondativi, perché si punta a ridurre lo sforzo produttivo e si parla continuamente di impatto antropico dell'uomo sull'ambiente. Ma l'agricoltura, al contrario, è manutenzione e gestione del patrimonio. E una certa ideologia radical-chic ambientalista considera inaccettabili alcuni comportamenti che sono sempre esistiti nelle pratiche zootecniche tradizionali, come l'allevamento e la macellazione. Se il dibattito viene falsato da queste argomentazioni errate, tra un po' compreremo carne e prodotti dall'Africa invece di produrli".
Lei è candidato per la Lega alle Europee: cosa ritiene prioritario che si faccia a Bruxelles?
"Modificare subito la Pac (politica agricola comune), perché non può rimanere questa programmazione fino al 2027: ci sono due guerre in corso, i costi dell'energia e delle materie prime sono cresciuti e abbiamo il canale di Suez chiuso. Non è possibile mantenere una strategia decisa prima che cambiasse il mondo e intervenissero fattori così condizionanti per la nostra economia.
L'approccio non può restare quello del Green Deal, pensato quando Greta Thunberg dava lezioni sul palco. Mutate le condizioni, va mutata anche la strategia. In Italia ci stiamo muovendo proprio in questa direzione, ora deve adeguarsi anche l'Europa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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