Dalla benzina all'Europa: quelle visioni diverse tra gli alleati

Fdi, Lega e Forza Italia costretti alla costante ricerca della sintesi

Dalla benzina all'Europa: quelle visioni diverse tra gli alleati

Le differenze ci sono, e meno male, ma non porteranno a spaccature irreparabili. Questa la sensazione condivisa in vari settori del centrodestra dopo che negli ultimi giorni sono emerse le tensioni, un po' fisiologiche, un po' indotte dalle narrazioni ostili.

Diversità di vedute, e di visioni, ci sono sempre state e i partiti le rivendicano. Sull'Europa, per esempio, o sulle riforme. Forza Italia è la componente italiana più importante del Partito popolare, ha una storia europeista, anche se - quando è stato necessario - ha avanzato proposte per cambiare e non ha nascosto critiche alle incongruenze dell'Ue. Sul Mes, quindi, Forza Italia è favorevole alla ratifica, pur con correttivi importanti, anche perché la mancata approvazione equivarrebbe a un veto italiano. Le componenti più sovraniste del centrodestra invece, non vedono di buon occhio lo strumento, e non hanno risparmiato sonore bordate.
Anche sulle riforme istituzionali esistono sensibilità diverse, e derivano da storie politiche che vengono da lontano. Fratelli d'Italia arriva da destra e fin dal suo nome si capisce che ha fra le sue priorità una visione fortemente nazionale e unitaria del Paese. Il dna della Lega, su questo, è radicalmente diverso, se non opposto, essendo stato costruito proprio in Lombardia e in Veneto, su un'idea federalista che parte da Carlo Cattaneo e passa da Gianfranco Miglio, per approdare alla «devolution» e al decentramento. Ecco perché si sta aprendo la partita dell'autonomia differenziata, potenzialmente fra le più delicate da gestire.

Certo, le responsabilità di governo impongono una sintesi costante.
D'altro canto esiste la necessità di distinguersi, perseguire i propri obiettivi, parlare ai rispettivi elettorati, che non sono sovrapponibili, pur rappresentando un unico blocco sociale unico da decenni. Obiettivi diversi, quindi, si registrano anche in tema di economia, e in parte sul fisco, quindi anche sulle misure inserite nella legge di bilancio, inevitabilmente frutto di negoziazione, come tutte quelle scritte da maggioranze composite da quasi 80 anni a questa parte.

Impostazioni variegate si sono viste sulla pandemia, anzi sugli strumenti con cui è stata affrontata, a partire dal Green pass. D'altra parte i tre partiti del centrodestra, nell'ultimo decennio, sono stati al governo e all'opposizione in momenti diversi, tranne FdI, soggetto nato nel 2012 e finora rimasto all'opposizione, prima di assumere una responsabilità diretta che pesa, e crea anche ansie: la guida della coalizione con la presidenza del Consiglio.

I partiti del centrodestra non sono uguali ma sono complementari.
Qualcuno vuol gettare benzina sul fuoco, ma non ci riuscirà. Questa l'impressione che serpeggia nella coalizione che a settembre ha conquistato a suon di voti, il diritto di governare politicamente il Paese dopo un decennio di esecutivi tecnici. Le differenze di vedute sono evidenti, ma i partiti non le negano, anzi le considerano una ricchezza. Quel che sorprende, semmai, è la tensione che negli ultimi giorni è scaturito da questi differenti punti di vista. Nelle sfide che contano il centrodestra è sempre stato unito e lo è ancora, a partire dalle Regionali di febbraio.

Dentro la coalizione, e nell'elettorato, l'idea è che ciò che unisce sia più forte di ciò che divide. E che tutti siano «condannati» a cercare dei compromessi, come sempre accaduto dal '94. Insomma, «se stiamo insieme ci sarà un perché».

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