Bersani torna comunista: maledice i banchieri ma dimentica la finanza rossa

Il segretario attacca Renzi sulla cena con la finanza lombarda: "Non dia consigli chi ha base alle Cayman". La replica del sindaco: "Accetti un faccia a faccia"

Al leader del Pd Pier Luigi Bersani, la cena organizzata da Davide Serra, 40enne fondatore dell'hedge fund Algebris, per sostenere la campagna elettorale del sindaco di Firenze Matteo Renzi, è andata di traverso. Tanto che, indossati i panni del comunista duro e puro, ha inveito contro finanza e banchieri. "Lasciamo perdere i giochini di parole - ha detto il segretario piddì a Ginevra - la finanza non è tutta uguale, certa finanza ha fatto quel che ha fatto certamente mettendo in ginocchio la politica, la politica che si fa mettere in ginocchio".

Dal Monte dei Paschi di Siena all'Unipol, la sinistra italiana non è certo slegata dalle banche. Da sempre, infatti, una certa finanza (probabilmente quella che Bersani vede come buona) ha appunto promosso prima il Pci, poi i Ds, quindi il Pd. Finanziamenti ben radicati nel territorio, certo. Diversi, si può dire, da quelli a cui potrebbe attingere il sindaco rottamatore. Dopo aver incontrato al Four Season di Milano Roger Abravanel, l'ex McKinsey attualmente advisor per diversi fondi d'investimento, Renzi ha cenato con Serra e un centinaio di esponenti della borghesia milanese. Come spiegava nei giorni scorsi l'Huffington Post (leggi l'articolo), alla Corte di Serra erano presenti Andrea Tavecchio, Filippo Annunziata, il numero uno di Deutsche Bank Italia Flavio Valeri, il presidente di Lazard e Allianz Italia Carlo Salvatori, l'ex dg di Bpm Enzo Chiesa, Andrea Soro di Royal Bank of Scotland e l'amministratore delegato di Amplifon Franco Moscetti. Rottamatore ante litteram dei poteri forti, nel 2008 Serra attaccò l'allora presidente di Generali Antoine Bernheim accusandolo di rispondere più alle logiche di potere che agli interessi degli azionisti. Le stesse accuse che Renzi rinfaccia al vecchio establishment del Partito democratico.

Le mosse di Renzi non stanno affatto piacendo al leader del Pd. "Io credo che qualcuno che ha base alle Cayman non dovrebbe permettersi e di dare consigli. Non lo dico per Renzi ma in generale: l’Italia non si compra a pezzi", ha commentato Pier Luigi Bersani bollando come "banditi" certe facce presenti alla cena organizzata per Renzi e accisandole di non essere trasparenti. "Se si pensa in giro per il mondo che l’Italia è un paese talmente indebolito da poterselo comprare a poco prezzo, si sbagliano", ha tuonato Bersani dopo aver lanciato l’invito a concentrare le primarie sui programmi. "Sarà meglio discutere sul preciso che cosa fare - ha puntualizzato - andiamo sul preciso perché di pillole generiche ne abbiamo avute già troppe e consiglio di stare attenti da quello che viene da alcuni centri finanziari". In realtà, Bersani fa finta di non sapere che da sempre la finanza rossa simpatizza per il centrosinistra. Sul finire degli anni Novanta anche Massimo D'Alema non disdegnò un incontro con la finanza milanese sponsorizzato dalla banca americana Schroders. Fino a qualche anno fa i banchieri strizzavano l'occhio al centrosinistra perché c'era Romano Prodi. Amico personale del presidente del Consiglio di sorveglianza di Banca Intesa Giovanni Bazoli (li univa l'ammirazione per Nino Andreatta), estimatore dell'ex numero uno di Banca Intesa Passera (che chiamò a guidare le Poste durante il suo primo governo), in buoni rapporti con Alessandro Profumo. Non a caso i tre big si schierarono compatti ai gazebo delle primarie del 2005 per votare il Professore. Allora Silvio Berlusconi ironizzò: "Io amico della gente, la sinistra amica dei banchieri". Impossibile, poi, dimenticare il Monte dei Paschi di Siena, banca da sempre vicina ai diesse dalemiani, o la bolognese Unipol, a lungo organica all'ex Pci. Un altro episodio che mette in luce i rapporti tra diessini e banchieri è raccontato da Repubblica (leggi articolo). Nel dicembre del 2006 la fondazione dalemiana ItalianEuropei organizzò un workshop tra i capi diessini (oltre a D'Alema presenziarono Piero Fassino, Vincenzo Visco e, guarda un po', Bersani) e i protagonisti della finanza e delle banche. A ospitare il meeting, a Sesto San Giovanni, l'allora presidente della provincia di Milano Filippo Penati.

Renzi non si è certo lasciato scappare l'occasione per passare al contrattacco ricordando a Bersani che bisogna tessere "un rapporto diverso dal passato con la politica". E via la stoccata: "Basta guardare a qualche istituto della mia regione per capire che una certa politica ha combinato soprattutto guai. Noi non faremo come loro". Secondo il sindaco rottamatore, infatti, il problema non è stato la forza della finanza, ma la debolezza della politica.

"Quando la politica dà regole chiare e le fa rispettare il problema non esiste", ha commentato Renzi rilanciando l’invito al segretario del Pd: "Se però Bersani ha voglia di fare due chiacchiere su questo argomento non importa scomodare le Cayman. Scelga una casa del popolo a caso e mi faccia sapere quando preferisce. E così diamo modo ai cittadini, in un confronto pubblico a due, di farsi un’idea più precisa su tutto".

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