Bindi sparge solo veleni

La Bindi dimentica il ruolo istituzionale: "Inquieta per il suo ruolo nel governo". Il Pdl: "Sentenza scandalosa"

Bindi sparge solo veleni

Roma La notizia irrompe come breaking news sulle reti america­ne impegnate nelle Presidenziali e anche sulla Bbc, rimbalza sui siti Web d’informazione,monopoliz­za per ore il traffico su Twitter co­me su Facebook . Ma non c’ènulla come una condanna a Berlusconi che in pochi istanti riesca a far rie­mergere vizi e virtù del teatrino po­litico di casa nostra.

Il Pdl si ricompatta d’incanto e, come un sol uomo, difende il suo fondatore e leader. L’opposizio­ne, invece, si divide in tre-quattro posizioni, con la vicepresidente della Camera e presidente del Pd, Rosy Bindi, che non riesce pro­prio a contenere i propri senti­menti. Si definisce «inquieta», in quanto questa sentenza «anche se non è definitiva, rivela la gravità dei comportamenti di un impor­tante imprenditore italiano, che è stato a lungo presidente del Consi­glio. Ora è più evidente quanto ab­bia pesato sulla politica e la vita del Paese il suo ingombrante con­flitto d’interessi. Alla luce di que­sta sentenza la rinuncia di Berlu­sconi a ricandidarsi appare di un tempismo perfetto».
Dietrologie e rimpianti. Spunta­no gioie dichiarate ( il popolo viola si dà appuntamento per un im­provvisato brindisi stradale) e ne­mici di sempre. Tornano però a manifestarsi anche l’affetto e la so­lidarietà dell’intero centrodestra e non solo,l’«angoscia»del fedelis­simo Sandro Bondi, l’«umana comprensione e il grande dispia­cere » di Rocco Buttiglione. «Ho ri­spetto verso le persone, verso la magistratura. Io penso innanzitut­to che dal punto di vista politica si sia chiusa un’epoca»,si limita a di­re Massimo D’Alema. E mentre Dario Franceschini è trincerato dietro un singolare «Berlusconi non è più oggetto di confronto po­litico », Gianfranco Fini oppone il suo gelido: «Non commentavo ie­ri le sentenze, non lo faccio oggi». Pieferdinando Casini rifiuta di «speculare sui guai di Silvio», An­tonio Di Pietro invece ci si tuffa che è un piacere: «Giustizia è fat­ta, la verità è venuta a galla. Berlu­sconi pensava solo a salvare
i pro­pri affari e la propria impunità. Si è chiusa un’epoca,ma ci ha fatto pa­gare prezzi altissimi».

Da parte del centrodestra, però, la reazione è stata durissima. Il ca­pogruppo dei deputati, Fabrizio Cicchitto, non esita a definire «ten­tato omicidio politico» una sen­tenza che vede non solo la condan­na penale, ma anche l’interdizio­ne dai pubblici uffici. «Uso politi­co della giustizia, lo diciamo non da oggi». Anche per il segretario Angelino Alfano, il primo a com­mentare sulle agenzie, la senten­za, «inaspettata e incomprensibi­le, è l’ennesima prova di accani­mento giudiziario». Conferma «anni e anni di accanimento», di­ce anche Paolo Bonaiuti, certo che «nei prossimi gradi di giudi­zio, Berlusconi troverà un giudice a Berlino». Di sicuro ribaltamento della condanna nei prossimi gra­di di giudizio sono convinti un po’ tutti: dalla Carfagna alla Brambil­la, da Nania a Napoli.

Eppure Ste­fania Prestigiacomo ritiene evi­dente il manifestarsi, da parte dei magistrati, di «un odio cieco»; «una magistratura militante che impegna risorse da anni per con­dannare Berlusconi », come attac­ca Mariastella Gelmini. Sconcer­to, incredulità, sgomento vengo­no espressi in un’impressionante successione da tutti gli esponenti del Pdl. Ma se Berlusconi «fa anco­ra così paura» (come dichiara Eli­sabetta Alberti Casellati), ecco al­lora che sarebbe proprio il caso di ripensarci e «tornare in campo». Lo chiedono con toni e accenti di­versi Giancarlo Galan, Daniela Santanché e Alessandra Mussoli­ni.

Chissà che non diventi una pos­sibilità effettiva, di cui si avverte tutto l’eco nelle parole di Domeni­co Gramazio, a metà strada tra profezia e annunciazione: «Man­cava solo la presenza della magi­stratura, ora la campagna elettora­le può iniziare».

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