Campania, azzurri in rimonta il successo a portata di mano

Guidato dalla Carfagna e dal governatore Caldoro, il Pdl viene dato in vantaggio. E il Pd potrebbe essere superato anche da Grillo

Il pubblico sventola le bandiere all'ingresso di Silvio Berlusconi
Il pubblico sventola le bandiere all'ingresso di Silvio Berlusconi

Tutto scorre. Della Campania felix di Antonio Bassolino non restano che tracce sotterranee, simili ai reperti archeologici delle «mura greche» che spuntano improvvisi nel Decumano maggiore. Della Campania «cosentiniana», trame insondabili che sembrano disperdersi nelle desolate campagne del Casertano. Poteri invisibili e abituati a rendersi evanescenti, solubili nelle dicerie dei piccoli paesi, dove la vox populi tramanda un'indefinita, forse impotente voglia di «vendetta», da trasferire nel voto di protesta, dunque per Cinque stelle. Ma se c'è qualcosa di più concreto, in questa vigilia dove il calo dell'affluenza raggiunge il 4 per cento alle 12, eppure non manca qualche ingorgo davanti ai seggi più «in vista», in questa situazione fluida, sta nei volti nuovi. Quelli di Mara Carfagna e Stefano Caldoro, affrancati ormai dalla sudditanza nei confronti dell'ex coordinatore campano. E quello di Roberto Fico, leader storico dei grillini e capolista di Cinque Stelle.

«In modo speculare al resto dell'Italia, qui pesa l'incognita Grillo», paventa il vicesindaco di Napoli, Tommaso Sodano. Anche se i grillini campani sono sempre stati un po' al di sotto delle performance nazionali. Però pescano soprattutto a sinistra, vista una certa compattezza mostrata dal centrodestra. «È che noi siamo ossi duri», dicono i militanti più entusiasti. «Sono voti che non si spostano facilmente, quelli del Pdl. Casomai le rese dei conti avverranno dopo», dice Sodano. I «bravi ragazzi» di Grillo, allora, calano la rete tra le macerie bassoliniane, affondano la lama dentro le sorde faide del Pd campano («Le primarie hanno lasciato molte ferite», racconta Sodano), tra le insoddisfazioni palesi di quanti si erano fidati del nuovo vicerè, Luigi de Magistris. La rivoluzione arancione non è sbocciata, «la città è complessa», ammette il vicesindaco. Dunque la rimonta del Pdl, che ha avuto tratti impressionanti, dalla caduta di Cosentino in avanti, ora non si presenta affatto impossibile. Anzi, è addirittura probabile. «Pesantemente ottimista», si dichiara Amedeo Laboccetta, veterano delle campagne elettorali fin dall'epoca di «Almirante sindaco di Napoli». «Siamo tre punti sopra», azzarda il senatore uscente Beppe Esposito, reduce da oltre 250 iniziative soprattutto nell'area del Salernitano. 35 per cento a 32, il dato che passa di bocca in bocca nel tam-tam dei candidati campani: un tre per cento in più sul Pd che mette più di un'ipoteca sul premio di maggioranza al Senato, quello che farà la differenza tra uno «smacchiatore di giaguari» e la solita «anatra zoppa», sempre ammesso che Bersani giunga primo al traguardo.

Gianfranco Rotondi, l'ex ministro avellinese tornato profeta in patria, la vede con la divertita cautela dell'inguaribile dc. «Se prenderemo il Senato sarà per sfinimento altrui», ride. Il Pdl «pigliatutto» delle ultime Politiche (oltre il 51 per cento) sarà «a dieta come tutti gli altri partiti, e si sa che chi ha più grasso perde peso più facilmente». Ma il fiume campano della protesta sembra non tracimare, e piuttosto prende mille rivoli diversi. «Chi voto? Voto Berlusconi, ma per protesta», dice una nobildonna. E tra un Pd martoriato da liste che persino Bassolino ha giudicato «invotabili» (nonostante la discussa risorgenza di alcuni dei suoi protetti, come Massimo Paolucci), una lista Ingroia sconfessata da de Magistris («Una cosa sono le comunali, un'altra sono le Politiche», prende le distanze anche Sodano), e i vendoliani diventati vasi di coccio tra vasi di ferro, il «doppio sorpasso» di Pdl e Cinque Stelle è nell'ordine delle cose.

L'aria di tsunami si respira anche nel Golfo. Dove però la struttura rinnovata del Pdl e il lavoro sul territorio svolto in questi mesi dalla Carfagna e da Caldoro potrebbe fargli assumere forme inattese. Se la Carfagna è ormai belva da talk show, Caldoro «sembra esser diventato un prodotto di moda persino in certi ambienti un tempo inaccessibili al centrodestra», per dirla con la stuzzicante ironia di Rotondi. «Magari al fotofinish, ma saremo primi», assicura Laboccetta che ha attraversato la città in lungo e in largo con un pullman tutto di vetro, tanto per dire la «trasparenza», parola d'ordine del nuovo corso campano. Scie d'entusiasmo visibili ieri, agli accrediti per i rappresentanti di lista. A gennaio il Pdl in Campania veniva accreditato, nei sondaggi per il Senato, di uno smagrito 19,2 per cento. Con gli alleati, il 26.

Il Pd con gli altri veleggiava allora un po' sopra il 31 per cento. Monti attorno al 14, Beppe Grillo sul 13 e la lista Ingroia sul 12. In poco più di un mese tutto è cambiato, il trend invertito, il sorpasso a portata di mano. Tutto scorre, basta aspettare l'ultimo sospiro.

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