La Cassa depositi e prestiti crea la nuova società con le partecipazioni nelle infrastrutture

RomaQualche giorno fa la Cassa depositi e prestiti ha contattato una ventina di banche italiane e straniere. Motivo: chiedere se erano interessate a partecipare al capitale di una società della Cassa. Si tratta di «Reti», una società che nella pancia ha soltanto la partecipazione dello Stato in Snam, la società dell'Eni specializzata in progettazione e gestione delle reti del gas.
In realtà, «Reti» è destinata a diventare qualcosa di più che una semplice «scatola» con una sola azienda come asset. Ha l'ambizione di diventare la «società delle reti» pubbliche. E non solo. Ridisegnare un pezzo del capitalismo privato, evoluto con la privatizzazioni delle aziende pubbliche.
Piccolo passo indietro. Enrico Letta non era ancora presidente del Consiglio. Da vice segretario del Pd sosteneva la necessità di realizzare «un polo delle reti fra Snam e Terna». A ben vedere, l'iniziativa avviata da Cassa depositi e prestiti non è troppo distante dal «desiderio» espresso in passato dal premier.
Nella sostanza, infatti, «Reti» è destinata ad accogliere, oltre a Snam, anche Terna, la società della rete elettrica. Ed in prospettiva anche la società delle reti Fs. O anche, qualora venisse deciso lo scorporo, pure la rete Telecom.
Diventerebbe, in pratica, una specie di holding delle reti, pubbliche o ex pubbliche. Con uno schema non troppo distante da quello che disegnò Angelo Rovati, ai tempi del secondo governo Prodi. E che trovò non poche critiche.
Non è finita. Lo scopo di «Reti» sarebbe anche un altro. La continua e costante richiesta di intervento della Cassa depositi e prestiti con iniziative a sostegno dell'economia reale rischia di assottigliare il flusso finanziario della Cassa, oggi assicurato dai depositi postali. Ne consegue, che uno degli scopi di «Reti» è quello di raccogliere nuovi mezzi patrimoniali. E di raccoglierli dal mercato. Da qui, il sondaggio - dichiarazione di interesse - rivolto alle banche se sono interessate o meno di partecipare a «Reti», il cui futuro non prevede una quotazione.
È evidente che se l'operazione andasse in porto, oltre al sostegno finanziario a favore di Cassa, «Reti» finirebbe per ridisegnare una parte degli equilibri del capitalismo nostrano. In quanto segnerebbe una sorta di rivoluzione. Gli ex monopolisti pubblici non godrebbero più di rendite di posizione legate al controllo delle reti in loro possesso. E le liberalizzazioni potrebbero ricevere nuovo impulso.
Con un particolare in più, però.

Tutte le società che potrebbero/dovrebbero entrare in «Reti» avrebbero sempre un «ombrello» pubblico, quello della Cassa depositi e prestiti.
Circostanza non banale, visti i nuovi poteri attribuiti al presidente del Consiglio dalla norma che ha «superato» la vecchia legge sulla golden share.

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