Chi siederà al Quirinale?

Dopo la "sconfitta" di Bersani alle elezioni, il Pdl ha più voce in capitolo nella scelta. Il Cav vuole interrompere la scia di capi di Stato vicini alla sinistra. Ma il Pd torna a fare i nomi di Amato, Prodi e Monti

Chi siederà al Quirinale?

Nessuno ne parla apertamente, ma il pensiero dei leader va inevitabilmente allo scranno del Quirinale che tra non molto sarà vacante. Entro il 15 aprile dovrà arrivare la convocazione del parlamento in seduta comune per eleggere al Colle il successore di Giorgio Napolitano il cui mandato scadrà il 15 maggio. La seduta comune potrebbe essere convocata per i primi di maggio, in modo da consentire ai Consigli regionali di eleggere i grandi elettori che li rappresenteranno. La partita per la presidenza della Repubblica è iniziata un minuto dopo la comunicazione dei risultati delle urne e andrà a influenzare le prossime mosse che determineranno la composizione del governo e la nomina delle più alte cariche dello Stato.

Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi è stato sin troppo chiaro: dopo troppi capi di Stato di parte sarebbe il caso di eleggere un presidente della Repubblica super partes o, comunque, meno avverso al centrodestra. La battaglia che Napolitano ha intrapreso per sette lunghi anni contro il Pdl e la Lega Nord brucia ancora. Per non parlare di quella portata avanti dal suo predecessore. Tant'è. Adesso è il momento di guardare avanti e di arginare la pletora grillina che sbarca al parlamento con 108 debutati e 54 senatori. Per salvare il bipolarismo, che è l’unica vera conquista della seconda Repubblica, il Pdl propone una ritrovata serietà dei due maggiori partiti italiani. "Bersani guidi dunque il governo e Berlusconi vada al Quirinale - avanza Michale Biancofiore - si raggiungerebbe un equilibrio perfetto". In via dell’Umiltà sono convinti che i seggi conquistati a Palazzo Madama offrono al partito una chance rilevante per poter dettare le carte per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Berlusconi in campagna elettorale ha più volte confidato di avere un nome pronto da spendere, ma non si è mai sbottonato per non bruciarlo. "Un nome - ripeteva l’ex premier - che sarebbe gradito anche al Pd". Adesso, però, gli scenari sono completamente diversi da quelli prospettati qualche settimana fa. Tra i berlusconiani doc c'è, appunto, chi torna alla carica rilanciando proprio il Cavaliere e chi, invece, avanza il nome di Gianni Letta.

Di certo, Pier Luigi Bersani & compagni non potranno contare sull’appoggio di Beppe Grillo per votare il candidato di Largo del Nazareno. Dopo aver proposto Dario Fo, il comico genovese ha infatti avanzato l'idea (impraticabile) di fare una sorta di primarie on line per scegliere il prossimo inquilino del Colle. Enrico Letta ha invece sottolineato che a chi ha vinto la Camera va "l’onere di fare le prime proposte da fare al capo dello Stato". E, come spiega Alessandra Sardoni sul Foglio, i nomi che si fanno avanti in uno scenario tanto complicato gravitano (ancora una volta) in area centro-centrosinistra. Nomi che godono di un ampio favore internazionale, che possono vantare amicizie importanti in Europa e ai tavoli dei poteri forti, nomi che da decenni manovrano come burattinai le politiche del Belpaese. La rosa di nomi che piace agli euro tecnocrati è presto fatta: si va da Giuliano Amato a Romano Prodi, da Mario Dragi a Mario Monti. Niente di nuovo. Un usato per nulla sicuro. "Sono stati tutti presidenti del Consiglio - spiega la Sardoni - hanno avuto incarichi di peso in Europa, sono stati punti di riferimento per almeno una generazione di grand commis. Sono stati invitati almeno una volta alle riunioni della Trilateral Commission e del Bilderberg". Qualche democratico, poi, si azzarda a fare il nome di Anna Finocchiaro, mentre il Professore aveva ventilato Emma Bonino. Due nomi in rosa per dare maggior respiro alla competizione.

Insomma, se

Bersani riuscirà mai a formare il governo, non potrà pretendere di "mettere le mani" anche sul Colle. A quel punto dovrà scegliere se "cedere" terreno a favore del centrodestra oppure accettare i diktat dei Cinque Stelle.

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