I giudici, anche questa volta, non gli hanno creduto. Troppo confuse quelle spiegazioni cambiate e ricambiate dopo che gli investigatori avevano trovato nel giardino di casa sua, al centro di Palermo, una specie di arsenale. Troppo poco convincente la storia dell'intimidazione arrivata a Bologna e nascosta a Palermo. Di qui l'ennesima batosta giudiziaria per Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco boss di Palermo un tempo icona dell'antimafia e ora pluri-inguaiato in una serie di processi - compreso quello sulla trattativa Stato-mafia in cui è passato da teste chiave a imputato di concorso esterno in associazione mafiosa - e ritenuto non credibile da qualche sentenza: una condanna a tre anni, pena sospesa, per detenzione e cessione di esplosivo.
Il verdetto del Gup, col rito abbreviato, è arrivato ieri. Il giudice di Palermo ha in pratica accolto integralmente le richieste dei pm, condannando Ciancimino jr e anche l'amico che l'aveva aiutato a disfarsi di parte dell'esplosivo, Giuseppe Avara, cui sono stati comminati due anni. Ciancimino jr dovrà anche pagare 20mila euro di multa, ed è stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni.
L'origine di quei candelotti, trovati sepolti nel giardino della casa palermitana di Ciancimino ad aprile del 2011, è rimasta un mistero. Lui tentò di giustificarsi inizialmente sostenendo di averli ricevuti come intimidazione a Palermo e di averli nascosti per non far preoccupare i familiari. Ma la versione fu smentita dalle telecamere.
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