I tre buchi neri del decreto beffa

Il pagamento degli arretrati va molto a rilento, perché le risorse (poche) che ha racimolato le ha dedicate tutte a pagare gli 80 euro in busta paga

I tre buchi neri del decreto beffa

Matteo Renzi, quattro mesi fa dichiarò che il suo governo avrebbe pagato subito tutti i debiti della PA, pari allora a 70 miliardi. La sua parola magica era «riforme». Io le so fare, diceva lui, gli altri no. Come trovasse 70 miliardi era un rebus. E infatti non solo non ha mantenuto la promessa, ma si è preso una reprimenda salata (cioè con annessa multa) della Ue perché ha compiuto tre infrazioni. Prima critica: il pagamento degli arretrati va molto a rilento, perché le risorse (poche) che ha racimolato le ha dedicate tutte a pagare gli 80 euro in busta paga. Sin qui le sue colpe potrebbero essere scusate con argomenti del tipo «prima aiutiamo i soggetti a basso reddito, poi paghiamo di debiti alle imprese». Ma Renzi non può ripararsi dentro la calda coperta dell'aiuto sociale, richiamando in vita teorie pseudo keynesiane per cui dalla crisi si esce con piccoli stimoli al consumo. La seconda critica della Commissione riguarda il decreto legge che il governo avrebbe dovuto varare per impedire che gli enti pubblici facciano nuovi debiti. Il decreto Renzi - paradossalmente convertito in legge dal Parlamento nel giorno della procedura di infrazione Ue- non contiene il divieto di fare bilanci pubblici «falsi» con debiti fuori bilancio e relative sanzioni ma pone solo l'obbligo di pagare le fatture messe a bilancio entro un termine accettabile.

Ed ecco la terza, amara critica: in Italia continua ad esistere per enti locali, regioni e altri soggetti pubblici la possibilità di pagare imprese e professionisti non entro 30 giorni come dice la normativa Ue ma entro 180 giorni per le spese per beni e servizi e 210 per i lavori pubblici. Nuovi debiti, nuovi ritardi e nuove sofferenze bancarie. Riformismo o populismo?

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