Così l'Europa ha sbagliato il rigore

Bruxelles ha continuato a sopravvalutare l'andamento del pil e si è inchinata alla Germania. Ma è l'italia che paga il conto

Così l'Europa ha sbagliato il rigore

L' Unione europea non decide nulla, ma in compenso sbaglia i conti. Negli anni dell'ultima crisi, l'Ue non solo ha rinviato le decisioni, ma ha costantemente sbagliato le previsioni, senza per questo cambiare politica economica. Ne è derivata una sistematica sopravvalutazione della crescita degli Stati e una sottovalutazione degli effetti negativi delle politiche di bilancio. Il disastro perfetto. Scrivevo su questo Giornale il 17 dicembre 2012: «Il Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre a Bruxelles doveva finalmente avviare la realizzazione delle quattro unioni (bancaria, economica, politica e di bilancio) volta a colmare le lacune derivanti dalla imperfetta costruzione dell'euro. Ebbene, tutto rinviato. A giugno 2013. Ci troveremo esattamente un anno dopo a discutere sugli stessi argomenti. È già previsto che non si deciderà un bel niente: tutto slitta a dopo le elezioni tedesche. Se questo è europeismo, sono ben giustificate le derive populistiche». La profezia si è avverata: di cosa discuteranno giovedì e venerdì prossimo, quando si riuniranno a Bruxelles, i capi di Stato e di governo della Ue? Del famoso documento Verso un'autentica unione economica e monetaria di cui si è parlato anche venerdì scorso all'Ecofin in Lussemburgo, con riferimento all'unione bancaria, che dovrebbe essere la prima ad essere realizzata, ma per la quale non c'è alcun accordo, se non dopo le elezioni tedesche. Lo stesso dicasi per la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del Meccanismo europeo di stabilità, per cui l'Ecofin ha fatto pochi passi avanti.
Un gatto che si morde la coda. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble lo ha detto chiaro arrivando all'Ecofin: «Sulla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell'Esm non bisogna farsi molte aspettative. Non ci sarà molto margine di manovra perché la capacità del Meccanismo Europeo di Stabilità è limitata». Così è andata.
Questa è la nostra Europa. Piuttosto che svolgere il proprio ruolo istituzionale, chiedendo alla Germania di reflazionare aumentando la domanda interna, la Commissione europea ha ceduto la propria sovranità allo Stato tedesco, allineandosi alle ricette sangue, sudore e lacrime da questo imposte a tutta l'Unione. Prendiamo le previsioni per il 2012. Per l'Eurozona, la Commissione europea aveva indicato il pareggio delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, legittimando così l'esigenza di un contenimento dei deficit di bilancio. Si è avuto, invece, un surplus di 1,8 punti di Pil, che salirà al 2,5% nel 2013-2014. Risultato: un forte apprezzamento dell'euro nei confronti delle altre monete, e quindi una maggiore difficoltà per le esportazioni.
A soffrirne di più sarà l'Italia, la seconda economia manifatturiera dell'area euro. La Germania, invece, grazie al suo modello di specializzazione produttiva, e potendo avvantaggiarsi di un euro sottovalutato rispetto al suo potenziale produttivo, soffre meno. Il risultato è una drastica caduta del Pil italiano. Disastri che si potevano, forse, evitare, se le previsioni, non solo per l'Italia, ma per l'intera Eurozona, fossero state meno orientate al rigore cieco.
L'Italia deve uscire, nei confronti della Commissione europea, dalla logica del «siamo sotto tutela». Va riconosciuto il contributo che la Commissione offre agli Stati dell'Unione per le politiche economiche, ma il rapporto deve essere dialettico. Gli errori di stima compiuti minano la credibilità della Commissione nonché dell'intero impianto su cui si è basata l'austerity.
Dall'inizio della crisi ogni stima della Commissione europea è stata accompagnata pressappoco dalla stessa analisi: «La situazione attuale è grave, ma lo sforzo di risanamento sta dando i suoi risultati e il quadro economico migliorerà nei mesi successivi». In realtà, i dati a consuntivo mostrano come tali previsioni erano troppo ottimistiche. Abbiamo provato a calcolare gli errori di previsione delle previsioni sul Pil dei Paesi europei, a partire dalle Autumn Forecasts 2011 fino alle Spring Forecasts 2013. L'errore medio di previsione in termini di punti percentuali di Pil per il 2012, calcolato come scostamento tra il tasso di crescita del Pil calcolato nelle previsioni di autunno 2011 e il tasso di crescita del Pil calcolato nelle previsioni di primavera 2013, si attesta a circa -1%. Vuol dire che i risultati del Pil a consuntivo indicano una sovrastima, pari all'1%, del valore contenuto nelle previsioni dell'autunno 2011. Per il 2013 non esistono ancora dati a consuntivo. Tuttavia, è possibile calcolare la variazione previsionale dai documenti di autunno 2011 e da quelli di primavera 2013. Siamo di fronte a una sovrastima sistematica per tutti i Paesi, con una media dell'errore di previsione pari a -2%. Il caso più clamoroso è Cipro, il cui tasso di crescita del Pil è stato sovrastimato di 10,5 punti percentuali, mentre per l'Italia, l'errore è stato del 2%. Lo stesso dicasi per il rapporto debito/Pil, dove emerge una sottostima del valore nelle previsioni dell'autunno 2011 pari al 3,4% e per l'Italia al 7,2%.
La seconda grave mancanza della Commissione è stata di non essersi rivelata in grado di redimere il contrasto sulla politica monetaria tra le banche centrali nazionali, in particolare la Bundesbank tedesca, e la Bce. Contrasti che hanno limitato l'impatto, positivo e risolutivo, sui mercati finanziari delle misure straordinarie adottate dalla Bce durante la crisi: dalle 2 aste, a dicembre 2011 e a febbraio 2012, di credito agevolato (all'1%) a breve termine alle banche dell'eurozona, fino al programma Omt.
Il giudizio pendente presso la Corte costituzionale tedesca circa la legittimità di tale programma, infatti, non solo ne limita l'efficacia, ma minaccia l'autonomia della Bce. Con tutte le conseguenze che ne derivano. L'importanza del ruolo svolto dalle banche centrali negli anni della crisi è stata evidente nell'ultima settimana, dato l'andamento delle Borse: le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, circa la possibilità di sospendere l'acquisto di titoli del Tesoro americano nel primo trimestre del 2014 ha sconvolto i mercati, causandone il crollo. Proviamo a immaginare cosa potrebbe accadere in Europa se, per impuntatura tedesca, le armi della nostra banca centrale venissero spuntate da una sentenza di un tribunale nazionale. Non aiutano, a tal proposito, le ultime dichiarazioni di Schauble: «L'acquisto di bond mette a rischio l'indipendenza della Bce». Lo stesso ministro, che proprio in audizione a Karlsruhe l'11 giugno, difendendo davanti alla Corte costituzionale tedesca il programma Omt, affermava: «Sono sicuro che la Banca centrale europea agisce nel quadro del suo mandato». È questa ambiguità che vogliamo? Forse l'Unione europea è morta, ma non lo sa.

segue a pagina 4

di Renato Brunetta

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