Dieci motivi per tenere divisi riforma del Senato e Italicum

Chi chiede di agganciare la legge elettorale all'abolizione del Senato spera di far saltare il patto Berlusconi-Renzi. Ecco perché

Dieci motivi per tenere divisi riforma del Senato e Italicum

ll primo, vero, banco di prova del nuovo presidente del Consiglio riguarda la legge elettorale. Al momento infatti girano voci di accordi e patti di cui si sa poco e nulla in contrasto con l'accordo sottoscritto tra Renzi e Berlusconi, al quale anche Ncd aveva dato il suo consenso, per una precisa riforma elettorale sulla base del quale Forza Italia si è resa disponibile a svolgere un'opposizione costruttiva, soprattutto in materia di riforme istituzionali. Il patto «non confermato e non smentito» dal presidente del Consiglio riguarda invece l'emendamento Lauricella, per cui la riforma elettorale non dovrebbe entrare in vigore prima della riforma (costituzionale) del bicameralismo. Questo emendamento, sostenuto, guarda caso, da tutti i partitini tutt'ora presenti in parlamento (otto dei quali, dovrebbero, insieme al Pd, costituire la solida maggioranza di Renzi) è presentato con ragioni all'apparenza logiche, nobili e costituzionalmente ineccepibili. Ma non è così. Vediamo intanto cosa dice questo emendamento. In sostanza si prevede che, qualora si facesse la nuova legge elettorale, essa non potrà trovare applicazione alla fine della presente legislatura per eleggere un nuovo Parlamento, a meno che non sia stata nel frattempo approvata la riforma del bicameralismo. Allora si andrebbe a votare con la legge risultante dalla sentenza della Corte costituzionale, il cosiddetto Consultellum.

La motivazione è che così si mette al sicuro la legislatura e si evita di cadere nella tentazione di andare alle elezioni subito dopo la riforma elettorale, prima della riforma del bicameralismo. Ma mettiamo, solo ipoteticamente (si fa per dire), che ci sia uno o più partiti piccoli che così perderebbero molto del proprio potere di veto. L'emendamento Lauricella produce qualche incentivo anche per costoro: procrastinare il più possibile la riforma del Senato, perché la riforma elettorale non entri in vigore.
L'interesse di chi non vuole la riforma elettorale si salderebbe poi con chi non vuole la riforma del Senato. Il secondo incentivo, dunque, avrebbe un effetto di consolidamento del fronte anti-riforme.
Si potrebbe obiettare, e si è già obiettato, che i due incentivi sono l'effetto indiretto di una decisione che comunque si impone per ragioni logico-costituzionali e che dunque non si può fare altrimenti. Si tratta di un argomento suggestivo, ma del tutto pretestuoso contro il quale se ne possono opporre almeno dieci di segno opposto:

A È vero che nessuna legge elettorale può assicurare la formazione di maggioranze omogenee tra Camera e Senato, ma è altrettanto vero che ci sono leggi elettorali che possono avvicinare di più a quell'obiettivo e leggi che possono farlo meno. Da questo punto di vista il Consultellum è molto più a rischio dell'Italicum.

B Se l'entrata in vigore di una legge elettorale dovesse essere condizionata alla modifica di tutte le norme che impediscono una stabile maggioranza conforme al voto degli elettori, allora dovremmo mettere in cantiere anche la riforma del parlamentarismo, dei regolamenti parlamentari e magari anche del potere di scioglimento.

C Se l'argomento fosse vero, non avremmo mai dovuto avere riforme della legge elettorale in questi quasi settant'annni di Repubblica. E invece ne abbiamo avute varie, senza che nessuno ponesse la pregiudiziale della previa riforma del Senato.

D La legge venuta fuori dalla sentenza della Corte è una legge «casuale». Non è una legge voluta da nessuno. Né democraticamente dai rappresentanti del popolo, ma nemmeno dalla Corte costituzionale. Come ha dichiarato il presidente Silvestri: «Questa Corte non ha esposto una propria formula elettorale, ma si è limitata a dichiarare costituzionalmente illegittime alcune norme della legge elettorale oggetto di censura da parte della Corte di cassazione».
La conseguenza dell'emendamento Lauricella sarebbe pertanto quella di metterci nel serio rischio di andare avanti, anche 9 anni, prima con una legge incostituzionale (quella che ha eletto l'attuale parlamento) e poi con una legge «casuale» e «residuale». Forse prima della riforma del bicameralismo viene la tutela del principio democratico e della legittimazione delle istituzioni. O no?

E In realtà l'emendamento Lauricella non è a costo zero. Cioè l'obiettivo di mettere al sicuro la riforma del bicameralismo non è senza svantaggi. Perché significa scegliere che, a parità di fallimento delle riforme costituzionali, si preferisce tornare al voto con una legge «casuale» e «residuale» piuttosto che con una legge scelta dal Parlamento.

F Se ciò è vero, l'emendamento dovrebbe essere considerato anche incostituzionale perché irragionevole e sproporzionato: nessuno può infatti assicurare che il bicameralismo verrà approvato; l'incentivo dunque non è proporzionato al risultato. Insomma per esser chiari (anche se la Corte costituzionale non userebbe questa espressione) si fa un «gioco che non vale la candela».

G C'è un'altra ragione per la quale si potrebbe dubitare della legittimità dell'emendamento. Esso è in frode alla Costituzione e al potere di scioglimento del presidente della Repubblica. Se questo emendamento passasse, la possibilità di scioglimento del presidente delle Repubblica non verrebbe subordinata ad una sua autonoma e discrezionale determinazione (cambiare la legge elettorale prima) ma anche ad una condizione postagli dal Parlamento (cambiare il bicameralismo).

H Altra ragione di dubbia legittimità è che l'emendamento non è nemmeno chiaro rispetto all'obiettivo annunziato. Esso si limita a menzionare (come condizione) la riforma del titolo primo della parte II della Costituzione e dell'articolo 94, ma non dice nulla sul contenuto di questa riforma. Paradossalmente si potrebbe fare una riforma che non tocca affatto il bicameralismo o non lo tocca abbastanza, ad esempio, da escludere del tutto la fiducia del Senato.

I Considerando la vicenda della sentenza della Corte, non vi sono dubbi che nel pronunziarsi essa abbia voluto dare il chiaro messaggio che la riforma elettorale è la priorità assoluta, prima di qualsiasi altra cosa. Non si spiegherebbe sennò il comunicato stampa del 3 dicembre, adottato più di un mese prima dell'effettivo deposito della pronunzia. Comunicato nel quale, peraltro, si sottolinea, non a caso, il potere del parlamento di intervenire (anche prima della sentenza).

J Questo Parlamento, dopo la pronunzia della Corte, è tecnicamente un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, dunque (almeno) politicamente molto delegittimato. L'emendamento Lauricella potrebbe consentire un risultato paradossale: concludere la legislatura senza avere fatto l'unica cosa che con certezza avrebbe moralmente e politicamente il dovere di fare: dare ai cittadini una nuova (e vigente) legge elettorale.

E poiché, a pensar male si fa peccato, ma talvolta ci si azzecca, se Renzi avallerà la soluzione Lauricella, non solo la sua lealtà nel rispetto dei patti (espliciti e trasparenti) verrà fortemente incrinata, ma siamo certi che sulla riforma del Senato inizierà un tale Vietnam che quella riforma non vedrà mai la luce. Ecco l'ultimo paradosso, si fa una norma per incentivare una riforma e si mettono le condizioni per affossarla. Complimenti.

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