"Dissi al Capo: la Mauro è un pericolo"

La segretaria Daniela Cantamessa ai Pm: "Avevo avvisato Bossi delle irregolarità del tesoriere". Poi assicura: "Il partito non sapeva nulla delle operazioni all'estero"

"Dissi al Capo: la Mauro è un pericolo"

MilanoAl Senatùr, che «noi chiamavamo “il capo”», l’aveva detto. «Avevo avvisato Bossi delle irregolarità di Belsito, della sua superficialità e incompetenza, e del fatto che Rosi Mauro era un pericolo politicamente e per i suoi rapporti con la famiglia Bossi». Con un gesto di sensibilità «non gli nominai la moglie, perché mi sembrava indelicato». È dal ’99 che Daniela Cantamessa ha a che fare con la Lega. Nel 2001 diventa la segretaria particolare del leader del Carroccio. È da quell’avamposto, che nel corso degli anni Cantamessa scopre i segreti di via Bellerio. «Non ho mai preso assegni o ritirato denaro per Bossi, che noi chiamiamo il capo», ma l’opacità della cassa padana è sotto gli occhi di tutti. «Nella gestione di Belsito ci risultava evidente una serie di anomalie». E questo provocava «grande amarezza in noi militanti».

DAGLI ESORDI ALLA MALATTIA

Mercoledì scorso, la segretaria è davanti al pm napoletano John Woodcock. Inizia così il suo racconto. «Ho iniziato a lavorare per la Lega nel 1999. Ero una militante già da parecchi anni. (...) I rapporti con Bossi si strinsero quando ritenne di creare una struttura» che si occupasse «degli spostamenti tra Roma e Milano per i deputati e i senatori della Lega (...). Mi chiese se me la sentivo di diventare dipendente della Lega Nord onde occuparmi di questi aspetti logistici. Accettai di buon grado». Poi, «a partire dal 2001 iniziai a fare anche la segretaria particolare di Bossi». Dopo l’ictus, nel 2004, il Senatùr «riprese a svolgere la sua attività politica, seppure a tempo ridotto». L’anno successivo, Cantamessa diventa la sua segretaria a tempo pieno.

IL CERCHIO MAGICO

Alla donna viene fatta sentire una sua conversazione con Nadia Dagrada, dirigente amministrativo del Carroccio. E ammette che sì, «Dagrada mi riferisce dei figli di Bossi, Riccardo, Renzo e Roberto, di Rosi Mauro e del suo fidanzato con evidente riferimento a spese sostenuto da Belsito in loro favore». «Io stessa vedevo che Belsito aveva intrecciato un rapporto assai stretto con i familiari di B. Nel cerchio dei familiari bisogna inserire anche Rosi Mauro che di fatto dopo la malattia del capo si era “installata” in un abitazione attigua a quella di Bossi dal quale non si staccava praticamente mai».

L’OMBRA DEL RICATTO

«Secondo Dagrada - prosegue Cantamessa - Belsito finanziava i predetti soggetti con modalità non chiara e quindi ci chiedevamo se» l’ex tesoriere «messo alle strette da Castelli o dallo stesso Bossi, che gli volevano contestare la vicenda della Tanzania, non si sarebbe difeso contestando a Rosi Mauro e allo stesso Bossi il fatto che a fronte di questi irregolari investimenti all’estero di cui il partito non sapeva nulla lui poteva a sua volta contestare al partito tutte queste spese» per la famiglia del leader lumbàrd e per la Mauro, che «riceveva finanziamenti tramite il sindacato padano». E «questa poteva essere un arma di ricatto di Belsito».

«CHI SBAGLIA, PAGA»

«Dagrada, che io considero una persona fedele al movimento, sembrava soddisfatta del fatto che avesse suggerito a Belsito di fotocopiarsi tutta la documentazione compromettente in modo che rimanesse la prova della malversazioni effettuate e che chi non era stato fedele al partito ne pagasse le conseguenze. Prima fra tutti la Rosi Mauro».

IL GIALLO DEL NASTRO

I pm vogliono sapere se esiste una registrazione fatta dall’ex tesoriere per tenere Bossi sotto scacco. Ma «Dagrada - dice la segretaria - non mi ha mai riferito dell’esistenza di una registrazione di un colloquio tra Belsito e Bossi».

LA SOFFIATA LIGURE

Cantamessa si dice «delusa e offesa dalle attività gestionali di Belsito». Per questo «avevo redatto delle note critiche che volevo dare a Castelli affinché svolgesse un accurato controllo».

Anche sulle presunte irregolarità dell’ex tesoriere nella gestione dei fondi leghisti in Liguria - di cui Belsito è stato amministratore - la segretaria aveva un piccolo dossier. «Notizie che mi erano state date telefonicamente da uno che si era qualificato come militante della Lega Nord ligure».

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