Il doppio ruolo di Bobo: epuratore e mediatore

Spiazzati gli altri partiti: facciamo ancora paura

Il doppio ruolo di Bobo: epuratore e mediatore

Venerdì aveva visto i primi due Roberto, Calderoli e Maroni; ieri è toccato al terzo, Castelli. E poi uno dei collaboratori di più vecchia data, l’eurodeputato Francesco Enrico Speroni. E il segretario lombardo, Giancarlo Giorgetti, che a lungo venne indicato come «papabile» alla successione. E ancora Calderoli con la moglia Gianna Gancia, presidente della provincia di Cuneo, mentre la convocazione non raggiunge gli altri due triumviri, Maroni e Manuela Dal Lago. Infine Roberto Cota, governatore del Piemonte. Tutti convocati in via Bellerio dal presidente Umberto Bossi.
Devo tenere unita la Lega, dice il Senatùr. Ma deve anche capire che cosa davvero è successo nei conti del partito. È questo il motivo del colloquio con Castelli, membro del comitato amministrativo del Carroccio con il tesoriere Francesco Belsito e il senatore Piergiorgio Stiffoni. Castelli e Stiffoni compaiono nelle carte dell’inchiesta ma con posizioni diverse: il veneto avrebbe avuto un ruolo nei maneggi, mentre Castelli aveva annusato le irregolarità ma gli fu sbattuta la porta in faccia.
«Mi ha chiamato Bossi e sono venuto», ha detto arrivando in via Bellerio. I cronisti chiedono se aveva visto i trucchi. «Non avevo visto nulla», ha ribattuto Castelli, perché nulla gli avevano dato da guardare. «L’ho detto a Bossi, che ha ordinato a Belsito di farmi vedere i bilanci ma lui non l’ha fatto». E i figli di Bossi? Castelli tace lanciando uno sguardo rassegnato.
Il destino di Renzo «Trota», consigliere regionale lombardo cui gli inquirenti attribuiscono una serie di spese finanziate dal denaro del finanziamento pubblico, è uno dei temi dei colloqui di via Bellerio. Stefano Galli, capogruppo della Lega al Pirellone e membro del consiglio federale, ammette che «le sue dimissioni dovranno essere valutate». Dice Galli: «Bisogna fare quella chiarezza chiesta dal consiglio federale. Se dovessero emergere fatti oggettivi, va da sé che il partito dovrà fare una valutazione oggettiva di questa opportunità».
Calderoli e signora lasciano via Bellerio verso le 15, prima che arrivi Cota, il quale si ferma poco più di un’ora. L’ultimo a lasciare la sede del Carroccio è il primo arrivato, cioè lo stesso Bossi. Bocche cucite con i giornalisti. I discorsi sono rinviati a martedì sera, alla manifestazione allestita in tutta fretta a Bergamo: non più al PalaCreberg ma alla nuova fiera, più grande. I giovani padani arriveranno con le scope per simboleggiare l’esigenza di fare pulizia nel partito.
«Pulizia, pulizia e pulizia» è la parola d’ordine anche di Maroni, affidata alla bacheca di Facebook. «Senza guardare in faccia nessuno - aggiunge ai Barbari sognanti -. Rivoglio la Lega che conosco, quella dei militanti onesti che si fanno un culo così sul territorio senza chiedere nulla in cambio». L’ex ministro dell’Interno è stato lontano da via Bellerio. Aveva parlato al mattino in una intervista alla Padania che suona come una mezza investitura, visto che arriva subito dopo la lunga chiacchierata con Umberto Bossi. In questo momento è il più in vista del trio incaricato di condurre il partito verso il congresso di ottobre. «Le dimissioni di Bossi sono un terremoto per gli altri partiti - dice Maroni - li ho visti smarriti, impreparati. La Lega, potentissima, fa sempre paura».
Bobo non sembra preoccupato dalle turbine di notizie che filtrano dalle procure: «Ogni cosa deve fare il suo corso, a noi interessa imprimere da subito una nuova azione politica della Lega. Adesso si gira pagina, la parola d’ordine è “motori avanti tutta”. La Lega prosegue il suo progetto di cambiamento. Alle amministrative dobbiamo vincere, affermare la nostra diversità. Il progetto andrà avanti come ha detto Bossi, senza stare a guardare nome e cognome di nessuno.

Tutti, nessuno escluso, dobbiamo mettere da parte, se ci sono, le personali antipatie, le divisioni. C’è un progetto più grande di noi per il quale lavorare: la grande Lega. Su tutto il resto davvero è ora di dire basta».SFil

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