Roma - Il pastrocchio mediatico-giudiziario che ha visto la luce dalle intercettazioni tra Napolitano e Mancino, ininfluenti penalmente ma politicamente esplosive, non lesina altri colpi di scena.
Dopo lo psicodramma del «ricatto al Colle», ipotizzato da Panorama salvo poi finire addebitato da pm, Quirinale e buona parte della stampa allo stesso settimanale e alle sue fonti, l'ultima rivelazione sul possibile contenuto delle chiacchiere tra il capo dello Stato e l'ex vicepresidente del Csm spiate dalla procura di Palermo salta fuori ancora dal magazine Mondadori.
Che stavolta, però, rilancia un riferimento clamoroso, quasi nascosto in un articolo uscito sulla Stampa a firma di un accreditato giornalista siciliano lo scorso 31 agosto. È il direttore del settimanale, Giorgio Mulé, che ricostruendo le «ipocrisie» seguite allo scoop di Panorama, ricorda come il quotidiano torinese il giorno dopo la nota con cui il Colle respingeva l'ipotesi ricatto, in un articolo accennava alla possibilità che le conversazioni eccellenti intercettate potessero comprendere «presunte critiche a parenti di alcuni familiari di vittime di mafia». Un tema nemmeno sfiorato dalle tanto criticate ricostruzioni del giornale diretto da Mulé, che per suffragare quanto azzardato dalla Stampa, lo accosta a un pezzo del Giornale del 4 settembre, a proposito del ruolo di grande accusatore di Napolitano ricoperto da Salvatore Borsellino. Come noto, fratello del giudice ucciso dalla mafia in via D'Amelio a Palermo nel 1992, e sponsor della procura di Palermo per l'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Borsellino negli ultimi mesi aveva cavalcato più di chiunque altro la polemica anti-Colle, spingendosi a far sfilare il popolo delle «agende rosse» contro il capo dello Stato, chiedendone l'impeachment e poi addirittura le dimissioni. Arrivando al punto di chiedere a Caltanissetta, in quanto parte lesa in un procedimento sulla morte del fratello, l'acquisizione delle intercettazioni tra Napolitano e Mancino, nonostante gli stessi pm palermitani ne avessero più volte rimarcato la mancanza di rilevanza penale. Obiettivo, sottrarre al macero quei nastri. Curiosamente, negli ultimissimi tempi, anticipando la nuova linea di prudenza dei pm di Palermo, anche Borsellino ha abbassato i toni, sospendendo gli attacchi al Quirinale.
E partendo da quell'«ipotesi» della Stampa, Mulé ricorda proprio il «grande freddo» nei rapporti tra Napolitano e Borsellino, con quest'ultimo nemmeno citato tra i familiari del giudice nel messaggio del Colle in occasione dell'anniversario della strage. E ribadendo che «Panorama, con la sua copertina, non ha fatto altro che svelare (per sventare) un disegno che c'è, che continua e che ha un'origine precisa». Quale? Forse proprio quella che il capo della procura di Palermo Francesco Messineo ipotizzava fosse alla base della pubblicazione dello scoop di Panorama, ossia una legislazione più restrittiva sulle intercettazioni. Un tema caldissimo da qualsiasi parte lo si guardi, che potrebbe giustificare, se non ricatti, manovre e disegni più o meno sotterranei in entrambe le direzioni.
Dunque, sia per spingere il capo dello Stato ad agevolare una nuova normativa e ad accelerarne il varo, come ha suggerito più o meno esplicitamente il capo degli uffici giudiziari palermitani. Sia, al contrario, per fare del Colle un ostacolo insormontabile a una legge-bavaglio, senza dubbio invisa alle procura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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