Ecco i sei "signor no" che hanno affossato il ddl

Il magistrato di punta di Mani pulite; l’avvocato dei boss; l’inse­gnante comunista; l’ingegnere ca­labro; il comunista col pallino del­l’informazione e il radicale col tic delle carceri. Eccoli i sei senatori che, tutti del centrosinistra, hanno chiesto e ottenuto che la legge sul­la diffamazione vada alla calende greche. Nell’ordine troviamo, Ge­rardo D’Ambrosio che condusse l’istruttoria sulla strage di piazza Fontana, sul crac dell’Ambrosia­no e che divenne una delle punte di diamante del pool di Mani puli­te. Procuratore capo a Milano nel 1999, ha poi deciso di scendere in politica, nelle file dei Ds, poi Pd.

Poi c'è Luigi Li Gotti, dipietrista e legale di noti pentiti di mafia. Si ricordano Buscetta, Contorno, Brusca, Marino Mannoia e Mutolo. I primi passi in politica Li Gotti li ha fatti a destra, all'ombra della Fiamma. Msi e poi An fino al '98, quando rimase folgorato da Di Pietro. E nel 2006 è diventato sottosegretario alla Giustizia del secondo governo Prodi. Quindi Luigi Vimercati, cresciuto a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d'Italia, a pane e politica: Pci, Pds, Ds e quindi Pd. Fratello di Giordano, ex braccio destro del plurindagato Filippo Penati. Altro nome noto, quello di Vincenzo Vita, deputato dal 1996 al 2001 e sottosegretario del ministero delle Comunicazioni con Prodi, D'Alema e Amato. Un paio di chicche: nel suo blog compare una foto in cui ha la bocca tappata da un post it giallo con la scritta: «La parola è sacra».

Ultimi due: l'anonimo ingegnere rutelliano Franco Bruno (Api) e il radicale Marco Perduca. Toscano, col pallino delle celle, gira l'Italia denunciando i casi di sovraffollamento. Ma con la decisione di ieri, a breve, San Vittore avrà un ospite in più.

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