Ecco perché aumentare l'Iva è inutile

Il passaggio al 22% incentiva il nero e deprime i consumi: così il gettito previsto da Palazzo Chigi è una chimera

Ecco perché aumentare l'Iva è inutile

L' aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento dal 1º luglio può e deve essere scongiurato, perché si tratta di uno di quei classici casi in cui l'aumento dell'aliquota del tributo ne riduce il gettito più del suo ammontare e crea anche danni collaterali. Il gettito previsto è di 2 miliardi nel secondo semestre 2013 e di 4 miliardi nel 2014. La copertura quest'anno può essere trovata vendendo immobili pubblici per 2 miliardi, dato che il taglio delle spese è destinato a coprire la perdita di 4 miliardi dell'Imu sulla prima casa. Bisogna evitare un danno analogo, seppure in proporzione minore, a quello fatto con l'Imu, che ha dato un gettito di 24 miliardi ma ha creato una depressione economica che ha fatto perdere più gettito di quello dell'Imu generato se si considera la riduzione nei consumi e quindi dell'introito dell'Iva, nelle vendite di immobili e quindi nell'imposta di registro, nell'occupazione e quindi nel reddito e nelle imposte sul reddito.

Nel caso dell'Imu essa ha dato 4 miliardi in più della somma sperata. Possono smettere di crescere in futuro, perché la tassazione può rendere meno conveniente l'investimento immobiliare, ma nel frattempo il gettito dell'imposta a parità di aliquota non si contrae ed è destinato ad aumentare se, affamati di denaro, i comuni rialzano le aliquote. Ma nel caso dell'aumento dell'Iva ordinaria dal 21% al 22%, sarà il gettito di questo tributo a diminuire, probabilmente di una cifra che si mangerà quasi tutto l'aumento, mentre il Pil reale subirà una ulteriore flessione, anche per gli effetti psicologici negativi dell'aumento. Il tasso di inflazione si accrescerà più che nel resto dell'Eurozona.
L'aliquota ordinaria Iva colpisce principalmente elettricità, gas, telefonia, vino, birra, liquori; abbigliamento, calzature, arredamento, borse, valigie ed altri effetti personali; elettrodomestici, mobili, servizi domestici, detersivi, stoviglie e affini; lavanderia e tintoria; giochi e giocattoli, cancelleria, prodotti per la cura personale, parrucchiere, istituti di bellezza; piante e fiori, gioielleria, bigiotteria e orologi; radio, televisori, hi-fi e videoregistratori; computer, calcolatrici, auto, ricambi, lubrificanti, carburanti, riparazioni di tutti i beni elencati, servizi di liberi professionisti. Nella misura in cui l'Iva si trasferirà nei prezzi, la massa dei consumatori ridurrà gli acquisti in proporzione, poiché che il loro reddito è un dato e il loro modesto risparmio non può essere ridotto (in gran parte si tratta di pagamento di rate di ammortamento di mutui sulle case e di premi di assicurazioni di previdenza integrativa).

Se poi il rincaro dell'1% rimarrà sulle imprese anziché andare sul consumatore, come stimano molti, una parte delle imprese sarà costretta a chiudere, perché i margini sono oramai all'osso, un'altra aumenterà le vendite in nero. La Confcommercio stima che entro l'anno potrebbero sparire 29mila esercizi al dettaglio in più del previsto. E la mortalità di imprese ci sarebbe anche nelle altre fasi. Il gettito per il 2013 di 2 miliardi è pari allo 0,125 del Pil, quello di 4 miliardi è lo 0,25. Ho già notato che è desiderabile e possibile una diversa copertura. Sottolineo che comunque questa è una «mission impossibile», perché il gettito in più non ci sarà. Se ogni imposta indiretta generale potesse essere aumentata a piacere senza che il consumo si fletta, ciò vorrebbe dire che i prezzi dei beni e servizi si possono sempre aumentare senza che la loro domanda scenda e anche che la domanda globale di consumi si può dilatare senza limiti nel reddito. Il che è impossibile.

Per altro, la nuova tassazione come l'Imu degli immobili può servire a migliorare il saldo del bilancio tendenziale, corretto per gli effetti del ciclo, ciò assumendo che la depressione del Pil non ci sia stata, che nel 2013 ha un deficit di 1,8/2% (il calcolo può esser fatto con diversi modelli

econometrici con diversi risultati). È un esercizio assurdo, perché comporta di trascurare gli effetti negativi sull'andamento del Pil: Dobbiamo cercare di accrescerlo, è pericoloso ridurlo ulteriormente con la pressione fiscale.

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