"Ecco perché il governo fa bene a bloccare le navi Ong"

Emmanuele Di Leo, fondatore di una Ong che opera in Nigeria da dieci anni, spiega perché le navi delle Ong favoriscono gli scafisti

"Ecco perché il governo fa bene a bloccare le navi Ong"

"Non dobbiamo regalare il pesce, ma dare loro la canna da pesca e insegnare loro a pescare". A parlare è Emmanuele Di Leo, fondatore di una Ong che opera in Nigeria da dieci anni, la "Steadfast", il cui nome deriva da uno slang americano che vuol dire "risoluto", cioè fare "quello che si deve fare, non quello che ci piacerebbe o quello che è nei nostri desideri, ma quello che è giusto fare".

Di cosa vi occupate?

“Ci definiamo un’organizzazione molto snella ed operativa. Abbiamo iniziato dieci anni fa a fare cooperazione in Nigeria, occupandoci principalmente della difesa dei diritti umani e della lotta alle tratte e all’immigrazione clandestina. Bisogna lavorare insieme agli autoctoni anche perché nessun africano vuole venire in Italia. Chi arriva nel nostro Paese, una volta che istruito, torna in Africa perché vuole realizzarsi nella propria terra natìa. Da questo punto di vista, credo che il "Piano Mattei" lanciato dalla Meloni, sia un'ottima occasione per gestire il fenomeno e rilanciare lo sviluppo in Africa. Naturalmente non si può pretendere che in due mesi si risolva questo enorme e annoso problema. Ci vuole tempo”.

Cosa pensa del decreto Ong?

“Penso che sia fondamentale regolamentare i salvataggi in mare, proprio perché bisogna eliminare tutte le motivazioni di attrazione da parte delle Ong. Se vi è una situazione di caos, le organizzazioni criminali ci sguazzano. Frontex ha ragione nel sostenere che la situazione migratoria è il risultato di una combinazione di fattori di spinta e attrazione, tra questi la presenza di imbarcazioni di soccorso vicino le coste libiche. Ecco perché regolamentando anche la gestione di salvataggi multipli, effettuati dalla stessa imbarcazione, si fa un ulteriore passo in avanti per migliorare la gestione del fenomeno”.

Le navi Ong, quindi, favoriscono gli scafisti?

“Certo. La relazione annuale 2022 dei Servizi segreti italiani, conferma quello che diciamo da un bel po’ di tempo, ossia che le attività di soccorso in mare nell’area Sar libica sono 'in aumento'. Nella relazione dei Servizi si legge che queste attività 'vengono spesso pubblicizzate sui social network dai facilitatori dell’immigrazione irregolare quale garanzia di maggiore sicurezza del viaggio verso l’Europa'. Le navi umanitarie, in questo contesto, rappresentano 'un vantaggio logistico per le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti, permettendo loro di adeguare il modus operandi in funzione della possibilità di ridurre la qualità delle imbarcazioni utilizzate, aumentando correlativamente i profitti illeciti, ma esponendo a più concreto rischio di naufragio le persone imbarcate'. Una certa politica, nonostante questo, continua a fare demagogia sulla disperazione di tanti. Il Pull Factor che viene descritto da Boldrini, Saviano & compagnia cantante come la favoletta del momento, è una realtà più concreta che mai”.

La tragedia di Crotone si poteva evitare?

“Anzitutto è bene ricordare che il mar Jonio non viene quasi battuto dalle Ong perché il loro punto di riferimento sono sempre le coste africane. Penso, quindi, che sia molto strumentale e falso affermare che i sessanta e più morti del naufragio siano conseguenza delle disposizioni volute dal governo di centrodestra. Il problema reale è che su questi tristissimi fatti, una certa politica continua a fare una battaglia esclusivamente ideologica e completamente fuori dalla realtà. Spargendo utopia evitano di proporre soluzioni concrete e di buon senso. Lo fanno da anni e il risultato dell'assenza di adeguate politiche di accoglienza sono proprio i tragici fatti a cui assistiamo in attesa che il nuovo governo riesca a legiferare e a risolvere definitivamente la questione”.

Ma quali sono le soluzioni che metterebbe in campo per frenare il fenomeno dell’immigrazione?

“In primo luogo, si devono eliminare tutti fattori di spinta e attrazione. Successivamente sarebbe opportuno realizzare degli hotspot in nord Africa, gestiti con l'aiuto di organismi internazionali come UNCHCR e in collaborazione con i principali Paesi europei coinvolti nel fenomeno. Hotspot realizzati con la finalità di controllare che nei Centri del nord Africa non avvengano violazioni dei diritti umani. Hotspot che svolgano la funzione di 'pre-approvazione’ al fine di capire chi gode di un reale diritto di entrare in Europa e chi no. Così facendo si potranno offrire viaggi sicuri, e non della speranza, per quanti autorizzati e, allo stesso tempo, cercare di offrire soluzioni alternative a chi non ha diritto di entrata in EU”.

E come si può potenziare la cooperazione Internazionale?

“Offrendo, in accordo con i Paesi di provenienza e con il terzo settore che opera in loco, delle vere opportunità di sviluppo dei territori. Noi siamo convinti che la soluzione, ad esempio, passi anche tramite la formazione. L'insegnamento è fondamentale per creare nuove professioni, opportunità di lavoro e quindi di reddito e sostentamento per i tanti che vedono nell'Europa una nuova Eldorado e permettergli di crearsi un futuro in loco. È necessario trasformare lo slogan ‘salviamoli a casa loro’ in fatti concreti creando reali opportunità di un nuovo sviluppo per e dell'Africa. Non deve avvenire una sorta di neo-colonizzazione, come molti paesi europei come la Francia tendono a fare, ma una vera azione di cooperazione, di lavoro corale”.

La gestione dell’accoglienza, in Italia, funziona oppure è fallimentare?

“I migranti devono essere accolti con dignità, ma purtroppo il ’sistema accoglienza’ nel nostro Paese non funziona come dovrebbe. Lampedusa, per esempio, può ospitare 300 migranti, ma ne contiene 2000. Oltre ai recenti casi Soumahoro, che ci hanno concretamente dimostrato che qualcosa non va e che dovrebbero spingere il governo a controlli sugli Enti attuatori dei progetti SAI (sistema accoglienza integrata) ci sono ulteriori deficienze da colmare”.

Quali?

"Mi riferisco alla revisione degli appalti per gli enti attuatori dei progetti SAI, quindi maggior controllo prima di aggiudicare la gara. L'accoglienza familiare temporanea va resa strutturale, come va promossa e diffusa l'accoglienza integrata sui territori. Infine, vi è il tema dell'aggiornamento del protocollo operativo per la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati. È necessario incrementare la disponibilità di figure professionali come mediatori, educatori, operatori di accoglienza e operatori di integrazione. Nei progetti di accoglienza ordinaria, i mediatori, figura chiave per una buona accoglienza, sono solo l’11,8% delle professionalità impegnate sul campo”.

Perché la percentuale è così bassa?

“Troppo spesso i mediatori, sono sprovvisti di stabilità contrattuale, generalmente operano con contratti part time, mentre figure professionali così fondamentali dovrebbero essere impiegate full time. È necessario aumentare i contratti full time allo scopo di limitare il turn over e fornire continuità assistenziale al beneficiario. L’insegnamento della lingua italiana dovrebbe essere effettuato celermente sul totale della popolazione beneficiaria. Purtroppo riscontriamo una percentuale di attuazione ancora bassa, pari solo al 68,4%. Renderlo obbligatorio, gioverebbe molto all'integrazione dei beneficiari.

Infine, è ancora troppo bassa la percentuale di minori stranieri non accompagnati (35,1%) inserita nel sistema scolastico. Ai beneficiari migranti vulnerabili, invece, vanno garantite adeguate metodologie con figure professionali consone e specializzate al loro trattamento (vittime di tratta e di violenza, disabili fisici e mentali)”.

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