Il bilancio delle vittime del naufragio di Crotone, al momento, è fermo a 64. Sono 23 le vittime identificate e 14 sono i minori che non sono riusciti a salvarsi. La procura è impegnata in un lungo lavoro di ricostruzione, per capire come si sia potuti arrivare a questa tragedia. Il peschereccio era partito da Smirne, in Turchia e nei pressi della costa Calabrese ha colpito una secca, incagliandosi. La violenza delle onde era talmente forte che i fascioni non hanno retto, arrivando alla rottura dell'imbarcazione. E proprio oggi in audizione alla commissione Affari costituzionali sulle linee programmatiche del dicastero, facendo una precisazione sulle sue affermazioni finite al centro di polemiche politiche dopo il naufragio di Cutro, Piantedosi ha tenuto a specificare: "Fermatevi, verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari. Dobbiamo fare in modo che le terre siano sempre più sicure del mare".
Le testimonianze
I superstiti hanno raccontato di aver trascorso gran parte del viaggio stipati sotto coperta nel peschereccio. "Circa 4 ore prima dell'urto della barca è sceso nella stiva uno dei due pakistani e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Lui si è ripresentato un'ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere che eravamo quasi arrivati", racconta uno dei migranti. Ma poco dopo, spiega l'uomo, l'ambiente ha iniziato a riempirsi di fumo del motore e l'aria si è fatta acre per la puzza di olio bruciato.
"La gente nella stiva iniziava a soffocare e a salire su. Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l'acqua ha iniziato a entrare", prosegue il migrante nel suo racconto. In quel momento c'erano 120 persone a bordo e capendo che la situazione era diventata irrecuperabile, gli scafisti hanno tentato la fuga: "Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato di mettere in salvo mio nipote".
Dai verbali di indagine emergono anche nuovi dettagli: "I pakistani sulle direttive dei quattro scafisti ci facevano salire soltanto per esigenze fisiologiche o per prendere pochi minuti di aria, prima di farci ritornare nella stiva". E ancora, nei racconti dei superstiti si spiega che durante la navigazione "gli scafisti disponevano di un telefono satellitare ad apparecchio che sembrava tipo Jammer per inibire le onde radio telefoniche. Era attivo perché nessuno dei cellulari di noi imbarcati aveva segnale telefonico".
Ma ci sono anche dettagli riguardanti i momenti e i giorni prima della partenza: "I medesimi soggetti pakistani prima di averci fatto imbarcare, ci hanno sistemati in alcune abitazioni messe a disposizione dei trafficanti a Istanbul, tipo 'safehouse', dalle quali non potevamo uscire perché strettamente sorvegliati dai medesimi pakistani, che successivamente ci hanno sorvegliato nella stiva della seconda imbarcazione".
I soccorsi
La procura di Crotone ha specificato che il fascicolo è stato aperto sul naufragio e non sui soccorsi, che però sono al centro dell'attenzione per alcune anomalie. Come riferisce l'agenzia Adnkronos, infatti, esiste un "buco" di circa sei ore, tra le 22.30 di sabato 25 febbraio alle 4.10 del mattino seguente, domenica 26 febbraio, quando una telefonata al 112, partita da un cellulare internazionale, segnala un naufragio a cento metri dalla costa di Steccato di Cutro. A quell'ora, i carabinieri del nucleo radiomobile e operativo di Crotone si precipitano sul posto e si gettano in acqua per iniziare i soccorsi. Portano in salvo 5 migranti ma per altri non c'era già nulla da fare. Ma resta da capire cosa sia successo in quelle sei ore di buco.
Alle 22.30 un aereo Frontex, l'Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, segnala la presenza di un barcone a 40 miglia dalle coste crotonesi e indica le coordinate. Fa anche sapere che a bordo c'è un telefono cellulare turco, segno evidente che si tratta di un barcone di migranti. Poco dopo la mezzanotte partono due mezzi della Guardia di finanza, uno da Taranto e uno da Crotone. Ma il mare è troppo agitato, forza 5 a tratti forza 6, e le motovedette delle Fiamme gialle rientrano, perché quel tipo di imbarcazioni non è destinato ai salvataggi, è da intercettazione, quindi non sono equipaggiate per quel tipo di intervento. Alle 2 viene effettuato un altro tentativo ma va a vuoto anche quello: la telefonata però arriva solo alle 4.10, quando la barca è già nei pressi della costa.
L'intervento della guardia costiera
La procura di Crotone ha acquisito ieri tutta la documentazione trasmessa da Frontex e altre comunicazioni. E ieri sera i carabinieri hanno trasmesso al procuratore Giuseppe Capoccia tutte le informative per spiegare che la chiamata di allarme è partita proprio dalla barca, mentre ieri il magistrato escludeva che l'allarme fosse partito dall'imbarcazione poi naufragata. La stessa guardia costiera, però, a fronte di queste indicazioni, ci ha tenuto a fare una specifica: "Alle 04.30 circa, giungevano alla Guardia costiera alcune segnalazioni telefoniche da parte di soggetti presenti a terra relative ad un'imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa. I carabinieri, precedentemente allertati dalla guardia di finanza, giunti in zona, riportavano alla Guardia costiera l'avvenuto naufragio. Questa è la prima informazione di emergenza pervenuta alla Guardia costiera riguardante l'imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex".
La Guardia costiera, quindi, ha specificato "che nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della guardia costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni". Quando sono arrivate le segnalazioni da terra, è stato attivato il protocollo SAR.
Il ruolo di Frontex
In queste ore che Frontex è sotto accusa, l'agenzia europea di soccorso ha spiegato la sua posizione, effettuando una ricostruzione di quanto accaduto nella notte tra sabato e domenica: "Nelle tarde ore di sabato, un aereo di Frontex che sorvegliava l'area italiana di ricerca e soccorso nell'ambito dell'operazione Themis ha avvistato un'imbarcazione pesantemente sovraffollata che si dirigeva verso le coste italiane: come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato tutte le autorità italiane dell'avvistamento".
L'aereo di Frontex ha seguito il peschereccio finché ha potuto: ha interrotto il controllo quando è l'aereo è stato costretto a rientrare per mancanza di carburante. "L'imbarcazione, che trasportava circa 200 persone, stava navigando da sola e non c'erano segni di pericolo. Le autorità italiane hanno inviato due motovedette per intercettare l'imbarcazione, ma le condizioni meteorologiche avverse le hanno costrette a rientrare in porto", ha spiegato ancora Frontex.
L'agenzia, quindi, aggiunge: "L'operazione di salvataggio è stata dichiarata nelle prime ore di domenica, dopo che il naufragio è stato localizzato al largo di Crotone. L'operazione, coordinata dalle autorità italiane, è stata condotta via terra, via mare e via aerea con il supporto di una nave e di un aereo di Frontex. L'operazione è in corso".
Le dichiarazioni di Matteo Piantedosi
Sommerso dalle critiche strumentali, che imputano al decreto Ong la responsabilità del naufragio di Cutro, Matteo Piantedosi dalle colonne del Corriere della sera si è difeso: "Il messaggio deve essere chiaro: chi scappa da una guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli, devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati ad offrire la via di uscita al loro dramma". Nelle ore immediatamente successive al naufragio, Piantedosi si è precipitato a Crotone dove ha assistito al coordinamento dei soccorsi.
In audizione alla commissione Affari costituzionali sulle linee programmatiche del dicastero, facendo una precisazione sulle sue affermazioni finite al centro di polemiche politiche dopo il naufragio di Cutro, Piantedosi ci ha tenuto a specificare: "Fermatevi, verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari. Dobbiamo fare in modo che le terre siano sempre più sicure del mare".
Nella sua intervista al Corriere, Piantedosi ha sottolineato come "ci siamo mossi sin dal nostro insediamento intensificando i corridoi umanitari con numeri (617 persone) che mai si erano registrati in un così breve lasso di tempo. In soli due mesi abbiamo anche approvato il decreto flussi che consentirà l'ingresso regolare di 83.000 persone". Come ha sottolineato il ministro, esiste sempre di più "la consapevolezza che la cooperazione internazionale deve essere di comune interesse di tutti i Paesi membri e non solo di quelli di primo ingresso.
Anche grazie alle pressioni che stiamo facendo si può intravvedere un primo segnale di cambiamento di linguaggio e prospettiva. Il giudizio definitivo lo daranno i fatti, ma io mi auguro possano essere tangibili al più presto".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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