L’opposizione sta facendo le barricate sui centri in Albania e persino Italia Viva ha annunciato che denuncerà il premier Giorgia Meloni alla Corte dei Conti. Ma, forse, in pochi ricordano quanti soldi vennero spesi quando a prendere la guida del Paese fu proprio il Pd negli anni della piena emergenza migratoria, esplosa dopo lo scoppio delle primavere arabe.
Da quasi 42mila persone sbarcati nel 2013 si arrivò fino alla cifra record di 181mila nel 2017, anno in cui i migranti accolti nei centri furono ben 183mila. Solo dopo la stipula degli accordi tra Italia e Libia, voluti fortemente dall’allora ministro degli Interni Marco Minniti, il fenomeno venne parzialmente arginato ma, come si evince da uno studio elaborato da Openpolis, a partire dal 2014 sono cresciuti in maniera esponenziale i Centri di accoglienza straordinari (Cas) tanto che nel 2017 ben l’80,8% dei migranti era stato accolto in queste strutture. Secondo i dati dell’Anac, che prendeva in considerazione tutti i contratti che Openpolisha classificato come appalti per la gestione di centri di accoglienza, si scopre che dai 783,70 milioni spesi nel 2014 si è passati a 1,3 miliardi di euro dell’anno successivo e i 2,473 miliardi del 2016 fino alla cifra record di quasi 3 miliardi di euro del 2017. L’importo medio dei contratti pubblici per la gestione dei centri di accoglienza, invece, è passato dai 299 milioni di euro del 2012 a quasi 1,3 miliardi di euro nel 2017 e nel quinquennio 2012-2017 è stato pari a 751 milioni di euro. Solo la città di Trapani, tra il 2012 e il 2018, ha messo a bando più di 73 milioni di euro attraverso 337 contratti in affidamento diretto, ossia il 20% circa di tutti i contratti in affidamento diretto fatti dalle prefetture italiane in materia di accoglienza nei sei anni presi in considerazione.
L’osservatorio Cpi (Conti pubblici italiani) dell’Università Cattolica, diretto da un economista come Carlo Cottarelli, non certamente tacciabile di essere un fan dei sovranisti, nel 2018 metteva in luce altri dati molto interessanti. I Def del 2017 e del 2018, infatti, indicavano che il costo annuo della cosiddetta emergenza migranti era lievitato dagli 840 milioni di euro del 2011 ai 4,4 miliardi del 2017. Questa cifra comprende non solo i costi della mera accoglienza, ma anche quelli relativi al salvataggio in mare dei migranti e per la loro salute e istruzione. Ma non solo.
La Corte dei Conti, sulla base di dati raccolti presso le prefetture italiane, aveva calcolato che il costo giornaliero per migrante nel periodo di “prima accoglienza” era di circa 30-35 euro, mentre quello nel periodo della “seconda accoglienza” era di circa 32,9 euro. In queste somme rientravano le spese sostenute per operatori professionali impiegati nell’accoglienza, per i costi di gestione amministrativa, i pocket money, la scheda telefonica in dotazione ai migranti, i farmaci, il kit igienico mensile, il vestiario e il cibo. I famosi “35 euro” duramente contestati dal centrodestra che salivano a 45 euro per i minori stranieri non accompagnati. Queste cifre, poi, non tenevano conto dei costi aggiuntivi indiretti come le spese di trasporto e le spese per la forza pubblica. La Corte dei Conti, infine, nella sua relazione del 2018, aveva calcolato che il Viminale, nel quinquennio 2013-2018, si era impegnato a gestire quasi la metà (297.646) di tutte le richieste di asilo presentate nei 25 anni precedenti (641.320 domande).
In definitiva, la politica dei ‘porti aperti’ voluta dai governi Letta-Renzi-Gentiloni ha dato libero sfogo al business dell’immigrazione tanto che chi la gestiva in maniera fraudolenta era arrivato a dire che fruttava più dello spaccio della droga e, ora, il Pd vorrebbe smantellare un modello che mezza Europa intende copiare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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