Emilia Romagna, De Pascale aumenta le tasse per sanare il debito della regione

Ecco da dove il presidente della Regione prenderà i soldi per la manovra lacrime e sangue da 400 milioni: 200 milioni dall’Irpef, 50 milioni dai ticket sanitari, 50 milioni dall’incremento del bollo auto e 100 milioni dall’aumento dell’Irap

Michele De Pascale
Michele De Pascale
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L’aveva detto in conferenza stampa lo stesso neo presidente Michele de Pascale, prendendo tutti in contropiede: “Preso atto che il bilancio 2024 della nostra sanità si chiuderà con 200 milioni di squilibrio…”. In campagna elettorale, solo pochi mesi fa, lo “squilibrio”, insomma il buco di 200 milioni nei conti, già c’era ma nessuno o quasi ci aveva fatto caso. Ora, invece, de Pascale prima annuncia e poi delibera di corsa una manovra da 400 milioni, pescando nelle tasche dei cittadini dell’Emilia Romagna: 200 milioni verranno dall’Irpef, con la maggiorazione dell’addizionale regionale per il terzo e il quarto scaglione; 50 milioni salteranno fuori dalla rimodulazione dei ticket sanitari, in particolare sul versante delle prestazioni farmaceutiche; altri 50 milioni verranno recuperati dall’incremento del 10 per cento del bollo auto. Infine, cento milioni verranno garantiti dall’aumento dell’Irap e insomma anche le aziende, come il ceto medio, dovranno pagare di più.

Il modello emiliano - romagnolo va in crisi, anzi lo era già, anche se la narrazione era di tutt’altro tenore. “È sbagliato colpire la capacità di spesa delle famiglie della nostre terre - afferma l’ex sindaco di Parma Pietro Vignali, presidente del gruppo di Forza Italia in consiglio regionale - con aumenti delle imposte in una fase di crisi in cui stiamo assistendo ad un incremento delle povertà che toccano proprio i redditi medi”.

Ma de Pascale va avanti e promette, visto che rastrella 400 milioni a fronte di 200 milioni di perdite, servizi migliori: “Prevediamo un incremento del Fondo per la non autosufficienza di 150 milioni nel triennio”. Vero. Ma resta l’eredità in rosso arrivata dalla giunta Bonaccini. La causa? Il governatore punta il dito contro Roma: “I mancati trasferimenti del Fondo sanitario nazionale”.

Ma ad ottobre scorso, la Corte dei Conti, in versione grillo parlante, aveva seguito un altro ragionamento: “In ragione dell’ancora precario equilibrio economico- finanziario del Sistema sanitario regionale, pur nel prendere atto dei fattori di ripresa dell’attività ordinaria, è da auspicarsi che, ormai alle spalle il periodo emergenziale, la Regione consolidi il risultato di esercizio in ambito sanitario, rafforzando le entrate derivanti dalla propria gestione caratteristica e perseguendo un percorso di razionalizzazione dei costi del Sistema sanitario regionale al fine di garantirne la loro sostenibilità nel tempo”.

Non era proprio un elogio, quello dei magistrati contabili che pure avevano colto segnali di miglioramento. E parlavano, senza mezzi termini, “ di razionalizzazione dei costi”, dunque dell’impegno a spendere meglio ed evitare sprechi. “ Regioni a noi vicine come il Veneto, fra l’altro con un numero appena superiore di abitanti, poco meno di 5 milioni - aggiunge Vignali - riescono ad avere un bilancio sano e un’addizionale Irpef più bassa di quella dell’Emilia -Romagna che adesso va anche ad aumentarla”.

Insomma, la regione di Bonaccini, Schlein e de Pascale, in passato sindaco di Ravenna e dipendente di Federcoop, scricchiola e presenta il conto ai suoi abitanti. E alle sue aziende.

“Invece di favorire la crescita - è la conclusione di Vignali - si penalizzano le imprese con un aumento Irap dell’8 per cento”. Il tutto senza aver chiarito le ragioni profonde di questo squilibrio. E invece a Bologna, poche settimane dopo il voto, se la cavano prendendosela con Palazzo Chigi.

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