Esposito, c'è l'inchiesta del Csm. La strana fretta dei pm di Milano

È giallo sulla corsa della Procura per far assegnare il processo alla sezione feriale. Csm apre inchiesta su Esposito

Esposito, c'è l'inchiesta del Csm. La strana fretta dei pm di Milano

Roma - Nel grande pasticcio della sentenza Mediaset, molti giuristi iniziano a chiedersi se è stato rispettato il principio fondamentale del «giudice naturale». Oppure se c'è stata una manovra, magari pilotata da Milano, per indirizzare volutamente il processo che ha condannato definitivamente Silvio Berlusconi verso la sezione feriale della Cassazione, presieduta da Antonio Esposito.

Per materia il processo doveva essere trattato dalla terza sezione della Suprema corte, formata da giudici esperti in reati fiscali. Ma tutto ha subito un'accelerazione per il rischio di imminente prescrizione, prospettata da Milano. Una prima segnalazione della Corte d'appello al Palazzaccio non ha avuto effetto e c'è voluto un ben informato articolo del Corriere della Sera per sostenere che non si poteva perdere tempo. I conti della prescrizione indicavano il 1° agosto, mentre altri calcoli parlavano del 13-14 settembre e per la difesa addirittura del 26 del mese. Si badi bene che Esposito è al suo posto fino al 10 agosto, poi va in ferie.
Così il primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, i primi di luglio assegna alla sezione feriale la delicata faccenda fissando l'udienza per il 30. E solo pochi giorni dopo si sa ufficialmente che il figlio del presidente Esposito, Ferdinando, non rischia più un procedimento disciplinare per la famosa e «inopportuna» cena con l'imputata Nicole Minetti: tutto archiviato.

Questo avviene quando già da maggio la sezione feriale è stata composta e fissata la presenza dei giudici che a rotazione devono comporla. Il 30 luglio vuol dire quel collegio, presieduto da Esposito senior. Per la sua rilevanza particolare il processo poteva essere assegnato alle sezioni unite della Cassazione, com'è stato nel caso di Giulio Andreotti, in base all'articolo 610 del codice di procedura penale. La fretta impone una scelta diversa. Eppure, un altro aspetto spingeva in quella direzione: la sentenza Mediaset poteva determinare un «contrasto potenziale» (come poi è stato) con il processo gemello Mediatrade, conclusosi con l'assoluzione di Berlusconi da parte della terza sezione. Ma tutto spinge verso la sezione feriale e, come diceva proprio Andreotti, «a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina».

Poi succede quello che tutti sanno e alla condanna definitiva segue l'inimmaginabile: Esposito concede consapevolmente, rileggendo il testo, un'intervista al Mattino prima che siano pubblicate le motivazioni. Racconta di fatto quello che è successo nel chiuso della camera di consiglio dove per oltre sette ore si sono confrontate due tesi diverse. Quella che poi ha vinto per il presidente si poggia sull'assunto che diversi testimoni abbiano riconosciuto di aver informato Berlusconi della frode fiscale in atto.
Ora è Antonio Esposito a rischiare un procedimento disciplinare, che con probabilità sarà attivato dal Guardasigilli Annamaria Cancellieri. Mentre ieri il Csm ha aperto una pratica su di lui: assegnata ieri alla prima commissione per accertare un'incompatibilità funzionale in seguito alla rivelazione di segreti della camera ci consiglio e di dichiarazioni ai mass media senza aver informato il primo presidente della Cassazione (sembra che Santacroce sia furioso).

Ma neppure è così scontato che le dichiarazioni di Esposito non condizionino le motivazioni finali, che ora tutti attendono. Il relatore Franco Amedeo (che tra l'altro sarebbe stato sostenitore della tesi minoritaria di un annullamento con rinvio) ora si trova in imbarazzo. Se conferma che alla base della condanna c'è proprio la tesi anticipata da Esposito sui testimoni, conferma pure che il presidente ha rivelato i segreti della discussione tra i cinque giudici.

In più, i legali di Berlusconi potrebbero presentare in questo caso un ricorso straordinario per «errore di fatto» (articolo 625 bis del codice di procedura penale), visto che negano l'esistenza negli atti di testimonianze in questo senso. Insomma, una storia processuale che sembrava chiusa si riapre con imprevedibili nuovi sviluppi.

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