Futurismo, critiche e fiumi di polemiche non spengono l'interesse: file per entrare alla mostra di Roma

"Il Tempo del Futurismo" è stata premiata dal pubblico in maniera sonante, con quasi 90mila presenze. Prorogata fino al 27 aprile

Futurismo, critiche e fiumi di polemiche non spengono l'interesse: file per entrare alla mostra di Roma
00:00 00:00


Criticata e discussa, finita al centro di una guerra ideologica, trasformata in un bersaglio politico su cui esercitare la propria vis polemica. La mostra "Il Tempo del Futurismo" alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, promossa e sostenuta dal Ministero della Cultura e curata da Gabriele Simongini, rappresenta un vero e proprio caso di scuola, un esempio fulgido dell’arte della stroncatura preventiva e una grande esercitazione ideologica. Per citare alcuni titoli: “Povero futurismo diventato formato famiglia”; “La mostra? Un flop ancora prima dell’inaugurazione”; “Una mostra propagandistica, pseudostorica e anormale” e chi più ne ha più ne metta, senza dimenticare le attenzioni riservate all’evento fortemente voluto dal ministro Gennaro Sangiuliano da parte di Report.

Il motivo di questo tsunami di critiche o meglio sarebbe dire di “pre-critiche”? La convinzione che il governo di centro-destra ambisca a fare del Futurismo un proprio vessillo artistico e culturale e in qualche modo coltivi l’ambizione di scalfire l’egemonia culturale della sinistra, oltretutto esaltando un movimento legato anche al periodo fascista (in realtà il futurismo nacque ben prima del fascismo e spesso si trovò anche in netta contrapposizione con le politiche del regime).

Di queste schermaglie il pubblico sembra essersene allegramente infischiato. La mostra, infatti, è stata premiata dal pubblico in maniera sonante, con le presenze che sono ormai vicine a toccare quota 90mila e con le lunghe file che hanno colorato la lunga scalinata che conduce al portico d’accesso. E come se non bastasse la mostra che doveva concludersi a fine febbraio è stata prorogata fino al 27 aprile. La mostra celebra l’ottantesimo anniversario dalla scomparsa del fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, avvenuta il 2 dicembre 1944, esponendo circa 350 opere d’arte oltre a centocinquanta oggetti, tra cui arredi, film, libri e manifesti, insieme con un idrovolante, automobili, motociclette e strumenti scientifici d’epoca, con un’attenzione particolare alla matrice letteraria del movimento marinettiano. Per descrivere al meglio l’atmosfera futurista, l’esposizione è arricchita da due installazioni site specific di Magister Art e di Lorenzo Marini ed è vivacizzata da eventi di approfondimento. Con la proroga, la mostra si rinnova, presentando alcuni nuovi capolavori di fondamentale importanza che si aggiungono alla ricca selezione di opere esposte: lo studio de La città che sale di Umberto Boccioni del 1910, Ritmi di oggetti di Carlo Carrà del 1911 e Profumo di Luigi Russolo del 1910, provenienti dalla Pinacoteca di Brera e dal Mart di Rovereto.

La decisione di lasciare a Roma le opere per questo periodo aggiuntivo rappresenta un ulteriore riconoscimento e apprezzamento da parte di grande musei italiani e stranieri, tra cui il MoMA, il Metropolitan Museum di New York, il Philadelphia Museum of Art, la Estorick Collection di Londra e il Kunstmuseum Den Haag de L’Aia. Il catalogo edito da Treccani, inoltre, è andato esaurito, ma è stato ristampato e quindi è nuovamente disponibile.

Se è vero che la Mostra è diventata un terreno parallelo di contrapposizione politica - peraltro proprio in questi giorni il Senato ha approvato il Decreto Cultura, il primo del nuovo ministro Alessandro Giuli che contiene il Piano Olivetti per la rigenerazione culturale delle periferie - non sono mancate prese di posizione eterodosse. Carlo Calenda, ad esempio, ha deciso di cantare fuori dal coro. “Il Futurismo ha affrontato per primo il tema della tecnica e dell’uomo. Il percorso di questa mostra spiega molto bene il tratto visionario e la potenza creativa di quel movimento”, ha scritto sui suoi canali social. Le polemiche? “Sono incomprensibili. Andate a vederla, merita davvero”.

E altri esponenti di centrosinistra l’hanno visitata, da Paolo Gentiloni a Maria Elena Boschi, da Graziano Delrio fino a Sabrina Ferilli, non nascondendo il loro apprezzamento per quell’avanguardia pionieristica, potente, vitalistica, colorata e innovativa che sarebbe davvero ora, come ha detto il ministro Giuli, che venisse considerata patrimonio di tutti.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica