Gaffe, smentite, conti sbagliati Tutti i disastri di Saccomanni

Dai pasticci sull'Imu a quelli su Bankitalia e debito pubblico: in otto mesi il ministro è riuscito a scontentare gli italiani e la Ue

Gaffe, smentite, conti sbagliati Tutti i disastri di Saccomanni

Mentre scriviamo immaginiamo già la risposta. Perché, purtroppo, di smentite (non smentite), di precisazioni e di lettere del ministro Saccomanni ai direttori dei giornali per difendere l'indifendibile in questi mesi ne abbiamo lette tante. Tutte uguali. Tutte a sostenere che i dati degli istituti di previsione, Commissione europea inclusa, non rispecchiano ancora i numeri del Mef perché non tengono conto dei mirabolanti effetti della spending review, della dismissione del patrimonio pubblico, del rientro dei capitali dalla Svizzera e dell'effetto positivo sull'economia dei pagamenti dei debiti delle Pa. Per poi aggiungere che con il governo Letta la pressione fiscale in Italia è diminuita di almeno 5,6 miliardi, di cui 4,6 dalla cancellazione dell'Imu prima casa e 1 miliardo dal blocco dell'aumento dell'Iva a luglio 2013.

Basterebbe già questo per dimostrare come, nei suoi quasi 8 mesi di ministero, Saccomanni abbia fatto ben poco. Spending review e dismissioni del patrimonio pubblico sono, nonostante i proclami, nella mente degli Dei: nulla di concreto. L'idea dell'accordo bilaterale con la Svizzera per il rientro dei capitali illecitamente detenuti da cittadini italiani è presa pari pari dal programma presentato dal Popolo della libertà alle scorse elezioni. L'accelerazione dei pagamenti delle Pa è un'idea Tajani-Brunetta-Capezzone.

Di chi sia la paternità della cancellazione dell'Imu sulla prima casa (per niente condivisa, tra l'altro, e in tutti i modi ostacolata dal ministro, salvo appropriarsi dei risultati) è noto anche ai sassi. Sull'Iva c'è poco da rivendicare: si è bloccato l'aumento solo per 3 mesi e da ottobre paghiamo tutti l'imposta al 22%.

Da parte del ministro Saccomanni mai una proposta, mai un'idea su quello che vuol fare, non una strategia di politica economica. Nulla di tutto ciò. Ripercorriamo in ordine cronologico, a ritroso, partendo dalle più recenti, le principali gaffe (e relativi errori tecnici) del ministro Saccomanni.

Botta e risposta con Rehn

Per il commissario agli affari economici e monetari dell'Unione europea, Olli Rehn, l'Italia non sta rispettando il ritmo di riduzione del debito previsto dal Fiscal Compact e dal Six Pack. L'esatto contrario di quanto sostiene Saccomanni. L'ultimo richiamo sul debito pubblico italiano da parte della Commissione europea reca data 3 dicembre, ma non giunge nuovo: già lo scorso 15 novembre, in sede di valutazione della Legge di stabilità, la Commissione aveva chiesto al governo Letta di fare maggiori sforzi per garantire un calo del debito in linea con gli impegni europei. A quanto pare non è bastato, se il commissario Rehn ha commentato che la Spending review sarà valutata positivamente non sulle intenzioni, ma solo se produrrà effetti concreti già nei primi mesi del 2014, cosa alquanto improbabile. E, anche con riferimento alle privatizzazioni, sempre secondo il commissario, il contributo alla riduzione del debito pubblico sarà minimo.

Che figuraccia con Eni!

Quanto alle dismissioni: a trattare in maniera affrettata e irresponsabile un tema così delicato, il governo Letta rischia di realizzare proprio quello che abbiamo in tutti i modi cercato di scongiurare e che i predatori dalla tripla A, invece, aspettavano da tempo: la vendita a prezzi stracciati dei nostri gioielli di famiglia. E perché? Per un motivo ignobile: porre rimedio ai richiami della Commissione europea sul debito pubblico italiano e cercare di recuperare per il rotto della cuffia la possibilità - per la quale il nostro paese, proprio a causa dell'andamento a rialzo del debito, non ha i requisiti - di utilizzare la clausola per gli investimenti, vale a dire una «concessione» pari allo 0,3% del Pil (circa 3 miliardi) sul rapporto deficit/Pil per la spesa pubblica produttiva in conto capitale.

Pensa, Saccomanni, che bastino queste poche chiacchiere autolesioniste per captare la benevolenza dell'Europa? E che dire, poi, dell'annuncio della privatizzazione di Eni, avvenuta a mercati aperti? Come da tradizione, in serata il Tesoro, questa volta a mercati chiusi, ha dovuto precisare che la dismissione delle quote Eni avverrà solo se e quando il CdA della società deciderà nel senso indicato dal premier e dal ministro dell'Economia. Figuraccia!

Rivalutazione delle quote Banca d'Italia

Che con riferimento alla rivalutazione del capitale della Banca d'Italia qualcosa non andasse nel verso giusto si è capito fin da subito, quando l'approvazione del decreto è stata fissata in prima istanza in sede di Consiglio dei ministri del 21 novembre, poi più volte rimandata fino al 27 novembre. Si è detto in attesa di un apposito parere (obbligatorio) della Banca Centrale Europea, che non era pronto il 21 novembre e che invece il governo ha ricevuto la settimana dopo. Ma così non è: questo famigerato parere, da cui, per quanto non vincolante, pare dipendano le sorti del provvedimento, è ancora fermo a Francoforte per l'opposizione della Bundesbank, che ha fatto diversi rilievi tecnici al testo del ministro Saccomanni. Così come diversi rilievi sono emersi anche al Senato circa la costituzionalità dell'atto. Quando l'articolo 47 della Costituzione recita che l'esercizio del credito è disciplinato, coordinato e controllato dalla Repubblica italiana... e non da banche estere! Checché ne dica il ministro Saccomanni.

Il pasticciaccio brutto dell'Imu

Londra, 5 novembre 2013. Il ministro dell'Economia e delle finanze fa una clamorosa marcia indietro sulla cancellazione della seconda rata dell'Imu sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli, punto fondamentale degli accordi che hanno portato alla nascita del governo Letta: «Il reperimento delle risorse non è facile», tuona, creando sconcerto nell'esecutivo, nei partiti e nel paese. Talmente tanto sconcerto, che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, si sente obbligato a confutare, in conferenza stampa a margine di un Consiglio dei ministri con tutt'altri argomenti all'ordine del giorno, le dichiarazioni del suo ministro: «Non si torna indietro sulla decisione già presa dello stop alla seconda rata Imu».

Sì, ma con che coperture?

Finalmente il decreto di cancellazione della seconda rata dell'Imu sulla prima casa c'è stato (è lo stesso che contiene la rivalutazione del capitale della Banca d'Italia). E che belle coperture! L'aumento fino al 130% degli acconti d'imposta per le banche. Vale a dire, con una misura che Eurostat, per le sue regole, non potrà mai accettare.

Con Fassina un rapporto non idilliaco

Continua il balletto Saccomanni: il ministro dell'Economia dice qualcosa e subito dopo qualcun altro, molto spesso il presidente del Consiglio, «disdice». Non può dichiarare nulla che subito qualcuno ha da obiettare. Il 18 novembre è stato il turno di Stefano Fassina: da un lato, sul Corriere della Sera, Saccomanni rilanciava sulla Spending review, ignorando completamente il disagio in cui versa il commissario Cottarelli; dall'altro, su L'Unità, al viceministro Fassina non risultava ci fossero intenzioni di velocizzare il processo dei tagli alla spesa pubblica improduttiva. Fino a quando ancora tanta confusione? Ricordiamo al ministro Saccomanni, al viceministro Fassina, ma anche il presidente Letta, che in economia l'incertezza è un costo. E il nostro paese, già stremato da anni di crisi e di medicine, sangue, sudore e lacrime, non ce la fa più.

Sul panorama internazionale

Vilnius, 14 settembre 2013. Ecofin. Oggetto della gaffe: l'effetto sul rapporto deficit/Pil dei pagamenti dei debiti delle Pa. Per il ministro Saccomanni, il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione «aumenta il debito, ma non incide sul disavanzo». Per fortuna, seduto accanto c'è il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, che lo corregge: il pagamento «porta l'indebitamento a salire e si tende al 3% di deficit».

Conclusione

Ma non era Saccomanni l'uomo della Provvidenza, l'uomo di Napolitano, l'uomo di Draghi, l'uomo che rassicurava i mercati, l'uomo in grado, con la sua esperienza e la sua

credibilità, di rimettere a posto le cose della nostra dissestata finanza pubblica? Se questi sono i tecnici della Provvidenza, forse sarebbe meglio tornare ai politici e alla politica, magari dopo un sano passaggio elettorale.

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