Grasso sa com'è caduto Prodi ma preferisce un'altra verità

Il senatore De Gregorio non c'entra nulla con la crisi di governo, basta fare i conti e ricordare il caso Mastella. Eppure l'ex pm decide di accusare il Cavaliere

Grasso sa com'è caduto Prodi ma preferisce un'altra verità

Signor Direttore, stavolta Le scrivo una lettera invece che un articolo perché io c'ero, ho ben visto come andarono le cose, peraltro note a tutti coloro che non vogliano barare. Sto parlando della decisione presa dal giudice Grasso, oggi presidente del Senato che usa trattare come un'aula di tribunale, il quale ha deciso di costituirsi parte civile contro Silvio Berlusconi accusato di «compravendita di senatori» per far cadere nel 2008 il governi Prodi. Ora, la questione dei «senatori» al plurale, si riduce ad un unico senatore singolo e singolare: Sergio De Gregorio. Il punto più importante è che questo senatore non passò dall'Idv dove era stato eletto a Forza Italia alla vigilia del voto che costrinse Prodi alle dimissioni. No: De Gregorio fece la sua scelta all'inizio della legislatura cominciata nel 2006 (il 25 settembre 2006) e dunque da allora partecipò a decine di votazioni anche di sfiducia al governo, che non ebbero il potere di fa cadere Prodi finché non accadde il fatto nuovo. Un fatto politico. Il nuovo fatto politico fu l'attacco di furia del ministro della Giustizia Clemente Mastella, quando scoprì che sua moglie si trovava nel registro degli indagati. Mastella mandò al diavolo Prodi e tutto il centro sinistra, provocandone la caduta in aula. In quell'occasione il voto singolo del senatore De Gregorio non fu determinante nel far cadere Prodi.

C'è un processo. L'ex senatore De Gregorio si è trovato in alcuni guai giudiziari non esaltanti e ha deciso di pentirsi dichiarandosi corrotto da Silvio Berlusconi. È la vicenda su cui dovrà decidere il processo che sta per cominciare, ma la sostanza è che De Gregorio siglò un «patto federativo» con Forza Italia, in quanto leader di un movimento chiamato «Italiani nel mondo». Per quel movimento Denis Verdini ha dichiarato di aver versato una cospicua somma di denaro destinato ad un uso politico, nel quadro di una alleanza politica. Naturalmente qualcuno dirà con aria scettica e sarcastica: «Sì, e come no! Sai che alleanza politica poteva fare il senatore de Gregorio!». Bene: il movimento, o associazione di cui De Gregorio era il leader si chiamava «Italiani nel mondo» ed era una associazione realissima cin un sacco di sedi nei vari continenti.

Ora, caro direttore, faccio un passo indietro, della serie «io lo conoscevo bene». Infatti, lo conoscevo bene. Lo conoscevo dagli anni '80 quando ero un inviato di Repubblica e Sergio De Gregorio faceva lo stringer, cioè aiutava i giornalisti delle testate giornalistiche e televisive, fornendo notizie, indirizzi, appuntamenti e quant'altro. Mi procurò un'impressionante intervista televisiva con due ragazzini in scooter che al servizio della camorra rapinavano sparando alle gambe i pensionati che riscuotevano la pensione davanti all'ufficio postale: Gli sparamm int'e ccosce diventò un'espressione tremenda e a suo modo proverbiale. Non fui poi tanto sorpreso quando ritrovai De Gregorio in Senato, visto che è uno che sa darsi da fare con rara intraprendenza.

Ma quel che è assolutamente certo, e sotto gli occhi di tutti, è che De Gregorio non fu reclutato a suon di denaro contante per far cadere Prodi, il quale cadde benissimo da solo con lo sgambetto di Mastella per casi politici interni alla loro coalizione. Così come è assolutamente certo che non esiste una casistica di «senatori» al plurale, ma quella singola dell'unico e solo Sergio De Gregorio, che cambiò gruppo appena eletto e non due anni dopo quando Prodi cadde.
Per la verità, caro direttore, esisteva una pluralità di senatori della maggioranza (risicatissima) di centro sinistra, sempre in bilico e spesso così amareggiata da far ritenere imminente la loro uscita dalla maggioranza prodiana. E so anche di qualche senatore che ebbe delle conversazioni politiche con Berlusconi il quale ovviamente aveva tutto l'interesse a conquistare il loro voto. Ma alla fine, non uno di questi tentennati parlamentari ebbe poi il coraggio, o la voglia, di votare contro il proprio governo, né passò nelle file berlusconiane. E nessuno di loro ha mai detto o lasciato intendere che Silvio Berlusconi avesse sia pure velatamente alluso a un possibile compenso, sotto qualsiasi forma. Semplicemente, non è mai accaduto.

Tuttavia, appena Prodi si dimise, sulla stampa di sinistra si scatenò una torbida campagna per sostenere che Prodi non era caduto per debolezza politica intrinseca, ma per una serie di corruzioni che avrebbero alterato l'esito del voto di sfiducia. Postilla: è mai possibile che la sinistra non abbia capito che la caccia alle streghe applicata a Berlusconi produce l'effetto opposto a quello che i cacciatori di streghe vorrebbero, salvo ottenere come effetto collaterale il massacro delle istituzioni repubblicane ridotte ormai al livello di un suk? Neanche la famosa sentenza definitiva della Cassazione ha perforato il comune sentire di milioni di italiani, perché purtroppo tutti noi italiani sappiamo che il nostro è un Paese figlio di un dio minore e che tra i nostri diritti quello meno onorato è il diritto alla giustizia.

Motivo per cui, di fronte alla sentenza di condanna di Berlusconi, gli italiani si dividono in due: quelli che stappano champagne e quelli che negano qualsiasi valore di verità a quella stessa sentenza. Entrambi gli schieramenti in cuor loro sentono che quella è stata una sentenza politica e la vivono come tale. Questo è un danno collaterale enorme che il Paese si trascina dietro e in cui marcisce la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato. E in questo scenario, il presidente del Senato insiste e anzi aumenta il carico della sfiducia con un gesto aggressivo, colpevolista prima del processo, francamente di parte e fazioso.

Il risultato inevitabile è che la parte di opinione pubblica che si sente ingannata dalla

giustizia e dal giustizialismo anche in casi assurdi come questo della «compravendita dei senatori», si stringerà politicamente dalla parte del leader del centro destra italiano. E forse soltanto così giustizia sarà fatta.

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