Grida di dolore nel buio Ecco i 40 minuti da incubo nel tunnel

MilanoEsperienze diverse, reazioni differenti e una sola grande incognita. L'unica che, con il passare dei minuti (almeno 40) sembrava preludere a una tragedia e ha fatto alzare progressivamente il livello dell'ansia anche nei più pacati e coraggiosi: il buio.
«La luce è andata via subito, immediatamente dopo il tamponamento dei due treni, ma non si sono sentite grida, urla e tanto meno pianti. La maggior parte della gente si è attaccata al telefonino, qualcuno ha chiamato i soccorsi, altri la famiglia, altri i colleghi sul posto di lavoro - racconta Mauro, 38 anni, ingegnere, qualche contusione al braccio sinistro e una calma olimpica accentuata dall'abito austero -. L'urto l'hanno avvertito di sicuro quelli delle ultime carrozze del treno tamponato. Tutti noi altri? A parte la mancanza di corrente e gli interrogativi, i timori che, in uno spazio chiuso e sotterraneo, ingenera un fatto del genere, beh...Il tempo non passava mai, ma parlare di panico sarebbe davvero troppo».
«Certo: più i minuti trascorrevano, più si moltiplicavano i cattivi pensieri, soprattutto per chi aveva sbattuto contro qualcosa, per quelli che, come me, erano caduti, i feriti insomma: il nostro treno era sì in arrivo in stazione, ma ancora in galleria quando c'è stato il tamponamento», spiega Clara, 44 anni, bionda passeggera della penultima carrozza del treno urtato e infermiera al San Paolo. Che di finire in un ospedale in ambulanza, dopo il turno di notte, non ha voluto nemmeno sentir parlare e si è tenuta la sua lussazione così com'era, correndo a cercare un autobus per tornare a casa.
«Una volta usciti fuori, sulla banchina della stazione, con quello spiegamento di forze, abbiamo cominciato a realizzare che la situazione poteva essere grave... “Ma secondo lei si è sfiorata la tragedia?” chiede un'anziana col fiatone ma il sorriso a fior di labbra, anche lei a bordo del treno tamponato, ma nelle prime carrozze e quindi poco coinvolta nell'accaduto.
I vigili, la Scientifica e il personale dell'Atm che ieri mattina si trovavano sul posto sono concordi. «Tra i passeggeri coinvolti non si è andati oltre il grande spavento. Persino una donna incinta, finita all'ospedale Buzzi solo per accertamenti, non si è fatta prendere dal terrore: faceva coraggio agli altri... C'era persino un viaggiatore che, una volta fuori dal treno, è rimasto lì per aiutare gli altri».


Gli operatori del 118 - qualche minuto dopo l'incidente, quando ancora il buio regnava all'interno dei treni fermi in galleria e la situazione era in stallo - con lo spiegamento di forze delle maxiemergenze, hanno raggiunto gli oltre 300 passeggeri all'interno dei binari per tranquillizzarli e, se ne avevano bisogno, medicarli. Fino a quando i convogli sono stati trascinati sulla banchina e la gente finalmente «liberata».

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