Uefa, figli e figliastri: lo striscione pro Palestina va bene, quello pro Catalogna no

La Uefa non aprirà una procedura contro il Psg per la coreografia pro Palestina nella gara contro l'Atletico Madrid. Il Barcellona in passato era stato punito per striscioni a favore dell'indipendenza della Catalogna

Uefa, figli e figliastri: lo striscione pro Palestina va bene, quello pro Catalogna no
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Ancora una volta l’organismo principe del calcio europeo riesce a finire nel mirino delle critiche. A quanto pare non tutte le manifestazioni politiche in un campo di calcio sono da condannare: se a suo tempo il Barcellona era stato punito per uno striscione a favore dell’indipendenza della Catalogna, la dichiarazione pro Palestina nello stadio del Psg di ieri sera è accettabile. Una decisione piuttosto discutibile che scatenerà sicuramente nuove polemiche sulla dirigenza del calcio europeo.

Una curva politicizzata

Prima della partita che ha visto l’ennesimo tonfo dell’undici di Luis Enrique contro l’Atletico Madrid di Diego Simeone, la tifoseria dei Rouge-et-Bleu ha voluto cogliere l’occasione di esprimersi su uno dei temi più caldi del momento. Lo striscione che ricopriva l’intera tribuna Auteuil, una delle più turbolente d'Europa, aveva un messaggio ben chiaro: al centro una moschea con tanto di minareto e la scritta a caratteri cubitali “Palestina libera”, in basso un bambino con la bandiera del Libano e un uomo col volto coperto da una keffiah e una giacca militare. Il riferimento ad Hamas sembra chiaro, temperato parzialmente dal messaggio “guerra sul campo di gioco ma pace nel mondo”. I tifosi, bontà loro, non si sono lanciati in cori antisemiti ma questa coreografia ha subito scatenato reazioni nel mondo politico transalpino.

Bruno Retailleau

Il presidente del Consiglio delle comunità ebraiche francesi, Yonathan Arfi, non ha menato il can per l’aia su X: “Scandaloso lo striscione al Parco dei Principi! Una cartina nella quale non esiste più Israele, un combattente palestinese con il volto coperto. Non è un messaggio di pace ma un invito all’odio”. Lo stesso Ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, ha condannato fermamente la coreografia della curva: “Messaggi del genere sono vietati dalla Ligue 1 e dalla Uefa. Se dovesse ripetersi un incidente del genere, bisognerà vietare le coreografie ai club che non fanno rispettare le regole”. Il ministro ha puntato il dito sulla società parigina: Chiedo spiegazioni al Psg: la politica non deve danneggiare lo sport, che deve rimanere sempre fonte di unità, non divisione”.

Per la Uefa tutto bene

Viste le polemiche, il club parigino ha fatto sapere all’agenzia France Presse che non era a conoscenza del progetto di esporre quel messaggio”, ricordando poi come “il Parco dei Principe è e deve restare un luogo dove ci si riunisce attorno alla passione per il calcio. Ci opponiamo in modo fermo ad ogni messaggio di carattere politico all’interno dello stadio”. Se in mattinata molti esperti avevano fatto notare come la società rischiasse sanzioni dall’Uefa per responsabilità oggettiva, l’organismo del calcio europeo ha fatto sapere attorno a mezzogiorno che non aprirà una procedura disciplinare contro il club della capitale francese. Le basi legali non mancherebbero: il regolamento Uefa, all’articolo 16.e, vieta esplicitamente la “trasmissione per gesti, parole, oggetti o qualsiasi altro metodo di ogni messaggio provocatore non adatto ad un evento sportivo. Nello specifico ogni messaggio di natura politica, ideologica, religiosa o insultante”.

Ceferin Infantino

Secondo l’ineffabile Uefa, mostrare una mappa del Vicino Oriente dove Israele non esiste ed un combattente col volto coperto non sarebbe un messaggio insultante verso lo stato ebraico ed i cittadini francesi di religione ebraica. Non sanzionare i club che lascino entrare bandiere palestinesi è una cosa, ma in questo caso il messaggio sembra altamente politico. Il parallelo con le sanzioni rifilate al Barcellona per aver fatto esporre striscioni a favore dell’indipendenza catalana al Camp Nou è davvero stridente. C’è chi parla di una “evoluzione” del regolamento Uefa: per essere sanzionati non basterebbero striscioni o canti a favore di questa o quella causa ma un intento denigratorio.

Se il risultato è stato di ridurre le procedure d’infrazione, i più maligni facciano notare come alcune cause siano ritenute più meritevoli di altre. Il fatto che siano quelle che stanno più a cuore alla sinistra o alle ricche proprietà arabe è, chiaramente, solo una fortunata coincidenza.

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