A Grillo fa schifo la casta Ma ha sfruttato due condoni

Il comico vuole moralizzare il Paese però tace su come ha sistemato la sua posizione edilizia e fiscale

Il comico Beppe Grillo in tour elettorale a Torino
Il comico Beppe Grillo in tour elettorale a Torino

Schifa i condoni, come schifa le tangenti. Già nel 2004 ironizzava perfido sui deputati del Pdl: «Immaginiamo che costoro non abbiano ma maneggiato tangenti, condoni» e altre porcherie enumerate in un'interminabile lista di malefatte. Strano. Beppe Grillo, il fustigatore, il moralista, l'ammazzacasta da standing ovation, deve avere la memoria cortissima. Immaginazione per immaginazione, si può andare indietro al 2002 e al 2003 e in quelle date si troveranno anche i condoni tombali del tribuno che ha messo le mani nel verminaio della Seconda repubblica. Grillo infatti possiede il 99 per cento delle azioni della Gestimar, una società immobiliare di cui è amministratore unico il fratello Andrea. E la Gestimar, che ha in portafoglio una decina di proprietà fra Liguria e Sardegna, si è avvalsa non una ma due volte del condono. Quello firmato, per intenderci, dal nano di Arcore, come lui chiama con slancio amicale Silvio Berlusconi, e dall'allora superministro dell'Economia Giulio Tremonti.

Ma sì, il leader del Movimento 5 stelle ha utilizzato il tanto deprecabile condono, come prima e dopo di lui hanno fatto migliaia e migliaia di italiani. Connazionali cui va la sua compassione dall'alto di una fiammeggiante retorica. Lui, naturalmente, non ha tempo per aggiornare la propria biografia e raccontare come la Gestimar risolse i suoi problemi. E mise a posto la propria pozione fiscale. Dettagli. Scriveva il comico sul suo blog già il 27 luglio 2006: «L'italiano medio è abusivo e condonista». Poi, non contento, rincarava la dose: «L'italiano medio è un povero cristo che ruba a se stesso e al suo Paese e non lo sa». Grillo, a quanto sembra, rappresenta bene questa mediocrità tricolore perché pattina sopra i due condoni due dell'azienda di famiglia. Non solo: nel suo palmares c'è anche un condono edilizio per via di un terrazzo da 100 metri quadri che impreziosisce la sua villa di Sant'Ilario a Genova e che il comico aveva fatto ricoprire.

Insomma, non s'è fatto mancare niente Grillo e a proposito dello slalom con il fisco ha solo approfittato delle norme varata dalla coppia Berlusconi-Tremonti. Niente di illecito, però la lingua non si ferma e Grillo colpisce con durezza chi gli ha permesso di sfangarla dieci anni fa. Scriveva allora il fratello Andrea. «In considerazione della possibilità concessa dalla legge finanziaria 2003 di definire la propria posizione fiscale con riferimento ai periodi di imposta dal 1997 al 2001, fermo restando il convincimento circa la correttezza e la liceità dell'operato sinora seguito, si è ritenuto opportuno avvalersi della fattispecie definitoria di cui all'articolo 9 della predetta legge (condono tombale)». E così i fratelli grillo afferrarono la corda lanciata ai contribuenti dal governo Berlusconi.

L'altra sera, mentre Grillo incendiava piazza Duomo, Adriano Celentano si schierava con lui, l'uomo nuovo, attraverso la sua ultima canzone Ti fai del male. Il testo del Molleggiato non cita per nome Grillo ma è esplicito che più esplicito non si può: «Si dice in giro che fra i partiti c'è un'onda nuova che è partita dal niente». Ma sì, la valanga celebrata da Celentano è quella dei grillini. Peccato che due righe prima il Molleggiato lanci l'allarme: «Riemergono purtroppo parole pericolose, parole come condono tombale». Ma dove riemergono? L'artista avrebbe potuto specificare che le parole di Berlusconi sono state precedute dalla biografia dei fratelli Grillo.
Il comico dal palco, per esempio nel corso di un comizio a Bologna, ha specificato che la Gestimar se la cavò sborsando una cifra modesta, nell'ordine dei cinquecento euro. Ma pezzi di carta non se ne sono visti. I militanti si devono fidare del suo verbo e i giornalisti, come è noto, non sono ammessi a porre domande.

Così va il Belpaese oggi.

Con Grillo che sbeffeggia l'Italia alle vongole, condonista, e Oscar Giannino che mordeva il Cavaliere: «Di tombale c'è solo l'idea che Berlusconi sia liberale». Purtroppo, destinata alla tomba era anche la carriera politica del giornalista, franato su un curriculum universitario più fantasioso di un romanzo di fantascienza.

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