Voglio dirlo - devo dirlo - da nordico, da lombardo, da bergamasco: se una cosa del genere l'avessimo vista a Roma, a Napoli o a Palermo, noialtri di qui ci saremmo piegati in due dal ridere, e magari qualcuno sarebbe sbroccato invocando nuovamente i trecentomila fucili minacciati da Bossi, quando Bossi era Bossi. Invece il grottesco italiano questa volta affiora senza pudori e senza vergogna proprio qui, a Bergamo, nella santa terra dei duri e puri. Con creatività degna della più fulgida tradizione levantina, nella locale Asl e nel nuovo ospedale Papa Giovanni XXIII - «eccellenza» costata alla fine ben oltre 500 milioni di euro, il doppio rispetto ai preventivi - in entrambi questi ambiti scientifici il personale medico si aggiorna alacremente con il bridge.
Giuro, anch'io ho stentato a crederlo: ho pensato alla solita forzatura, al solito gusto per il paradosso che ci ha preso in quest'epoca di demenza generale. Invece non c'è nessuna forzatura e purtroppo non è per niente una battuta: un'ex funzionaria dell'Asl, la dottoressa Laura Tidone, una volta raggiunta la pensione ha pensato di trasformare la sua passione - il bridge - in un aggiornamento professionale per tutti i colleghi. Lei è giocatrice professionista, racconta il suo sport - riconosciuto dal Coni - come utilissima ginnastica della mente, ne svela entusiasticamente i pregi, dalla grande propensione a far socializzare la gente alla capacità di prevenire l'invecchiamento. Ma è troppo chiaro a chiunque: il problema non è lei, il problema tanto meno può essere il bridge (nobilissima attività umana piena zeppa di impareggiabili proprietà benefiche), il vero, tragico, serissimo problema è che le istituzioni italiane della sanità abbiano assecondato il progetto, concedendo al corso 25 crediti Ecm. Veloce legenda: Ecm sta per Educazione continua alla medicina, astrusità lessicale che praticamente sostituisce l'antico aggiornamento professionale: ogni anno, ciascun operatore deve mettere insieme almeno 50 punti. Per avere pienamente l'idea: in questo periodo, sempre all'ospedale Papa Giovanni, viene organizzato un corso sulla «Radioterapia interoperatoria per la cura del tumore al seno», che permette di risparmiare alla paziente il calvario delle applicazioni successive all'intervento, concentrando tutto durante l'operazione. Ecco, una cosa così seria attribuisce a chi frequenta il corso 4 punti. Contro i 25 del bridge.
A me, che a livello scientifico sono una bestia, basta e avanza per dare di testa. Ma evidentemente la faccenda non infiamma soltanto il sottoscritto ignorante. In ospedale molti medici sono ancora più sgomenti. Il primario di senologia, Privato Fenaroli, non ci sta neanche un po': ha preso carta e penna e ha scritto ai giornali per manifestare tutto il proprio sdegno. Consolante: in questa nazione appiattita e rassegnata c'è ancora qualcuno capace di avvertire vergogna. Dice il primario: «Sono letteralmente basito. Ovviamente, nulla contro il bridge. Quello che mi scandalizza è che l'Asl e il ministero gli riconoscano il rango di aggiornamento scientifico, con 25 crediti. Un corso del genere sarebbe ridicolo in tempi di vacche grasse per la sanità, figuriamoci adesso. Tutto questo mortifica i tanti professionisti che spesso a proprie spese frequentano corsi di indubbio valore scientifico, più utili per i malati, ma cui il perverso sistema di valutazione ministeriale riconosce un numero di crediti molto inferiore».
Naturalmente, quando il dito indica la luna ci sono tante geniali persone che fissano il dito. In questo caso, gli infervorati promotori del corso di bridge insistono nel decantare le virtù del fantastico gioco, specificano che è a costo zero, proprio non capiscono chi non capisce. Povera Italia, povera questa nazione in cui nessuno ormai riesce più a cogliere l'assurdo, ad avvertire il senso del ridicolo.
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