I prezzi rialzano la testa. Ad aprile carovita all'8,3%

A una prima vista non c'è molto da stare allegri, con un'inflazione che in Italia ad aprile torna all'8,3% su base annua

I prezzi rialzano la testa. Ad aprile carovita all'8,3%

A una prima vista non c'è molto da stare allegri, con un'inflazione che in Italia ad aprile torna all'8,3% su base annua (a marzo era scesa al 7,6%). Però, se si legge il dato in controluce, ci si accorge come ci siano anche elementi positivi: l'inflazione di fondo, vale a dire quella al netto dei beni energetici e alimentari, è rimasta stazionaria al 6,3 per cento. Un dato, quest'ultimo, che estendendo il campo di osservazione all'Eurozona si apprezza addirittura in lieve calo al 5,6% dal 5,7% di marzo (il caro prezzi generale invece è arrivato al 7% dal 6,9% del mese prima). Il fatto che il carovita di fondo non sia cresciuto è una novità rispetto ai mesi precedenti ed è una buona notizia per la Banca centrale europea, che nella sua politica di rialzo dei tassi d'interesse ha sempre dato più importanza a questo indicatore, più che al dato aggregato. Ergo: nella prossima riunione in calendario domani aumentano decisamente le possibilità di un rialzo dei tassi di uno 0,25% e non di 0,50% come è avvenuto a marzo.

Tornando però all'indice dei prezzi al consumo italiano, come riporta l'Istat, si vede che i prezzi sono aumentati di uno 0,5% su base mensile. Alla base del nuovo balzo inflattivo ci sono ancora una volta i beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,7%) e, in misura minore, i servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,3% a +6,7%) e dei servizi vari (da +2,5% a +2,9%).

Un'altra voce del caro prezzi dura a rallentare è quella del cosiddetto carrello della spesa, ovvero beni alimentari, per la cura della casa e della persona: questo mese, però, si registra un miglioramento con gli aumenti in termini tendenziali che passano da un +12,6% a un +12,1%. Un dato anche in questo caso in chiaroscuro, però, perché invece i prodotti ad alta frequenza d'acquisto - come per esempio pane e latte - accelerano la loro crescita (da +7,6% a +8,2%). Tutti questi numeri concorrono a creare un'inflazione acquisita per il 2023, ovvero quella che si avrebbe se i prezzi smettessero di crescere da qui a fine anno, al 5,4% per l'indice generale e al +4,6% per la componente di fondo.

Diverse e contrastanti le reazioni ai dati sul caro prezzi di aprile. Negative le associazioni dei consumatori: secondo il Codacons, «La frenata dell'inflazione registrata negli ultimi due mesi - si legge in una nota - era una illusione ottica dovuta al ribasso delle bollette di luce e gas». L'inflazione all'8,3% - osserva il presidente Carlo Rienzi - «equivale ad una maggiore spesa pari a 2.428 euro annui per la famiglia tipo che sale a 3.144 euro per un nucleo con due figli, stangata causata dalla crescita ancora a ritmi sostenuti di voci come gli alimentari e il carrello della spesa». Preoccupata anche Federdistribuzione, poiché «l'effetto dell'inflazione sulle vendite» contribuisce a una dinamica di indebolimento dei volumi di consumo «che stagnano intorno al -5%, un fattore di rischio per l'intero sistema agroalimentare».

Invita alla calma, invece, Confcommercio: «La ripresa dell'inflazione registrata nel mese di aprile, pur consolidando i timori di un percorso di rientro non privo di ostacoli e non immediato, non va letta con eccessivo allarme», lo afferma l'associazione in una nota, «Il permanere di tensioni sul versante energetico, soprattutto per quanto

attiene alla componente non regolamentata non deve far trascurare alcuni segnali che portano a guardare con fiducia alla possibilità di tornare, verso la fine dell'anno, su dinamiche dei prezzi al consumo meno espansive».

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