Che tra le priorità del Paese ci fosse la disoccupazione non ci volevano dieci saggi per farcelo dire. Anche a un ragazzino alle prese coi primi rudimenti di matematica non ci voleva molto per capire che, a fronte di oltre un milione di posti di lavoro andati in fumo nel 2012, la lotta alla disoccupazione è un'emergenza che andava risolta già da tempo. Solo i tecnici guidati da Mario Monti non lo hanno capito. Tant'è che, dopo aver incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, i dieci saggi chiamati a salvare il Paese hanno pubbblicato sul sito del Quirinale le relazioni finali (riforme istituzionali - agenda economica).
Basta dargli un'occhiata veloce per capire che i tecnici hanno scoperto l'acqua calda. "Se si rompe la coesione della società è in pericolo la democrazia - si legge nell'agenda economica - ogni azione pubblica è paralizzata". Il "mantenimento della coesione sociale" è considerato nella relazione come uno dei "tre obiettivi immediati imprescindibili" insieme alla tutela dei risparmiatori e al rispetto della Costituzione e delle regole europee. Da qui l'importanza di rinsaldare il rapporto tra classe politica, pubblica amministrazione e cittadino. Dalla necessità di riformare la legge elettorale alla revisione del patto di stabilità, dalla lotta alla disoccupazione alle dismissioni del patrimonio pubblico: le schede compilate per conto del capo dello Stato sono il trionfo del "ma anche". Altro che ricette per tirare fuori l'Italia dalla recessione dotandola di leggi che favoriscano il liberismo economico, snelliscano l'imponente macchina dell'amministrazione pubblica e rinfreschino l'assetto istituzionale. Non che ci fosse molto da aspettarsi dai saggi. Dal cappello potevano tirar fuori ben poco. Ma la ricetta consegnata questa mattina a Napolitano non ci tira fuori dai guai. "Le relazioni - ha spiegato il capo dello Stato - faranno parte delle mie consegne al nuovo presidente della Repubblica, oltre che essere oggetto, in questi giorni, della mia riflessione". In realtà, quello che passerà al nuovo inquilino del Quirinale sarà solo una patata bollente.
Nella relazione finale sulle questioni economico-sociali ed europee, i saggi hanno posto al centro del dibattito l’emergenza lavoro e il sostegno alle persone in grave difficoltà economica attraverso "un alleggerimento dell’imposizione diretta sul lavoro" e "il sostegno alle famiglie più povere". In secondo luogo hanno invitato il futuro governo a pagare l’intero ammontare dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese e rendere obbligatorio il termine di trenta giorni per i pagamenti. Un forte accento è stato, quindi, posto sulla necessità di migliorare il sistema tributario: "Il livello della pressione fiscale ha raggiunto, in italia, livelli molto elevati: aliquote fiscali e contributive così alte, a fronte di un livello di servizi pubblici non sempre adeguato, sono un ostacolo alla crescita economica". Per farla breve: dopo trecidi mesi di tecnici che hanno tassato e razziato i risparmi degli italiani, sono arrivati i saggi a dirci che le stangate fiscale non sono la ricetta giusta. Non solo. Anche il ruolo di Equitalia andrebbe cambiato modificande le procedure per "creare un rapporto di fiducia reciproca con il cittadino". Per quanto riguarda il mercato del lavoro, invece, l'agenda economica dei saggi propone di "riconsiderare le attuali regole restrittive nei confronti del lavoro a termine, almeno fino al consolidamento delle prospettive di crescita economica". Tutte le misure che verranno prese dal prossimo governo, però, dovranno rispettare il limite del disavanzo pubblico e stabilizzarlo in maniera durevole sotto il limite del 3% del pil.
Per quanto riguarda le riforme istituzionali, i saggi sono partiti (va da sé) dalla necessità di "superare" l'attuale legge elettorale. Tuttavia, partendo dall'assunto che il porcellum non funziona, la relazione non prende alcuna posizione ma si limita a fare un grossolano elenco di "modelli elettorali possibili" senza mettere sul piatto una soluzione concreta. Ad ogni modo resta fondamentale la riduzione del numero dei parlamentari perl superare il bicameralismo paritario. Oggi i deputati sono 630, all’incirca uno ogni 95mila abitanti. Il gruppo di lavoro ha ritenuto ragionevole seguire un criterio per cui la Camera sia composta da un deputato ogni 125mila abitanti. "I deputati verrebbero così ad essere complessivamente 480 - hanno scritto i saggi - per i senatori si propone un numero complessivo di 120, ripartiti in proporzione al numero di abitanti in ciascuna Regione". Per quanto riguarda i finanziamenti pubblici ai partiti, invece, i saggi si sono strenuamente opposti al fine di garantire la competizione democratica ed "evitare che le ricchezze private possano condizionare impropriamente l’attività politica".
Per il resto le riforme proposte sono quelle che da anni il centrodestra prova a portare avanti, ma che sinistra e lobby continuano a rimandare. Dalla regolamentazione delle intercettazioni all'istituzione di una Corte che giudiche l'operato dei magistrati, fino all'attuazione del federalismo fiscale. Insomma, niente di nuovo sotto il sole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.