"Indagare ancora su Conte e Speranza"

Continua l’inchiesta sull’andamento dei contagi, zona rossa e piano pandemico: Brescia chiede approfondimenti al tribunale dei ministri

"Indagare ancora su Conte e Speranza"

«Bisogna indagare ancora sull’ex premier Giuseppe Conte e sull’ex ministro della Salute Roberto Speranza». La Procura di Brescia ha proposto «approfondimenti istruttori» al Tribunale dei ministri. La richiesta accompagna i 24 faldoni relativi alle posizioni di Conte e Speranza, indagati per epidemia colposa e omicidio colposo nell’inchiesta dei pm di Bergamo sulla gestione del Covid in Val Seriana trasmessi il 17 marzo: da quanto è emerso da alcune indiscrezioni il collegio di giudici sarebbe al lavoro per decidere se accogliere o meno le proposte avanzate dai pm, che avrebbero chiesto ai magistrati giudicanti ulteriori atti di indagine.

Il collegio presieduto da Mariarosa Pipponzi ha tempo 60 giorni per accogliere la proposta dei pubblici ministeri bresciani i quali, in questo caso, non possono compiere indagini senza l’autorizzazione delle Camere di appartenenza dei due esponenti di M5s e Pd. Anche se non è esclusa ancora l’ipotesi che tutto venga archiviato, il fatto che - dopo aver letto le carte raccolte negli ultimi tre anni dai loro colleghi di Bergamo - gli inquirenti bresciani abbiano chiesto ulteriori approfondimenti istruttori potrebbe convincere i tre giudici ad assecondarne l’istanza e a ritrasmettere gli atti al procuratore Francesco Prete, affinché sia lui a chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere nelle indagini.

Sul loro tavolo potrebbero anche confluire memorie difensive o ipotetiche richieste di interrogatori da parte degli indagati. Conte e Speranza avrebbero mentito ai pm sulla Zona rossa in Valseriana, causando la morte evitabile di almeno 4mila bergamaschi (così dice la relazione ai pm del virologo Andrea Crisanti, oggi senatore Pd); avrebbero detto bugie sul piano pandemico, colpevolmente non aggiornato e teoricamente applicabile; avrebbero mentito a Oms e Ue sulla reale preparedness dell’Italia ad affrontare la pandemia; avrebbero mentito agli italiani dicendo che la situazione era sotto controllo mentre al ministero della Sanità volavano coltelli e dossier; avrebbero silenziato i pochi che sollevavano criticità sulle misure (in molti casi tardive) messe in campo per fronteggiare l’emergenza, come la mancata formazione di medici e infermieri e il mancato acquisto di dispositivi di protezione individuale e respiratori» già nei mesi di gennaio e febbraio, come chiedeva invano l’allora viceministro Pierpaolo Sileri. Circostanze che avrebbero certamente contribuito a contenere il contagio, ipotizzano i pm. In cambio il politico in quota M5s avrebbe ricevuto pesanti minacce di dossieraggio da Goffredo Zaccardi, allora capo di gabinetto di Speranza. Tutto documentato dagli scambi di sms e whatsapp in mano agli inquirenti, pubblicati in questi giorni sui quotidiani, ma di cui si era già ampiamente occupato il Giornale nei mesi scorsi.

Reati solo «politici» o con conseguenze anche penali? Oggi si sa che la chiusura di Alzano e Nembro non si fece nonostante le evidenze scientifiche, per il pressing di Confindustria in una zona altamente produttiva, neanche quando fu Regione Lombardia a chiederlo - forse tardivamente - il 3 marzo.

Perché? L’idea che si sono fatti i magistrati è che la chiusura della Lombardia avrebbe dato un vantaggio «politico» alla Lega Nord, che con Matteo Salvini e il governatore Attilio Fontana già a fine febbraio chiedeva misure più stringenti. Un mero calcolo di parte, quello di Conte e Speranza. Alla faccia della scienza che avrebbe dovuto essere la loro bussola.

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