
Il terzo posto del podio dei peggiori questa settimana se lo becca l'Unione europea con il suo kit di sopravvivenza. La strumentazione d'emergenza è stata pensata per sopravvivere a qualsiasi tipo di crisi per 72 ore (chissà poi perché non 48 o, meglio ancora, 96?). Disastri naturali, attacchi informatici e finanche la guerra: pronti ad ogni evenienza, insomma. Ma cosa c'è dentro a questo portentoso kit? Ce lo ha illustrato la commissaria per la Gestione delle crisi Hadja Lahbib in un video postato sui social: documenti di identità in confezione impermeabile, acqua, torcia, coltellino svizzero, fiammiferi, medicine, cibo in scatola e, sentite sentite, anche un mazzo di carte. Non abbiamo nulla da dire sul farsi trovare pronti ad affrontare le situazioni più estreme e riteniamo giusto favorire una migliore collaborazione tra civili e militari. Non è questa, però, la strada giusta. Il tema è serio e non può essere ridotto a farsa. Ma siamo certi (o almeno lo speriamo) che a Bruxelles stiano prendendo sul serio pratica.
Al secondo gradino del podio troviamo Dario Franceschini con la proposta di "cancellare" per legge il cognome dei papà. Ai futuri nascituri, questa l'idea, verrà trasmesso soltanto quello della madre (che poi è quello del nonno, ma questo non diciamolo all'ex ministro dem). Ascoltate molto attentamente la ratio della proposta: "È un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico ma è stata una delle fonti culturali delle disuguaglianze di genere". Ovviamente da sinistra sono piovuti applausi. "Una battaglia di civiltà", hanno commentato senza capire che è solo l'ennesima trovata iper woke inutile e per di più divisiva. Ma, se il Partito democratico è contento di sprecare il tempo in questo modo, si accomodi pure. Fortunatamente a fare andare avanti il Paese ci pensano altri...
Veniamo, quindi, al primo posto del podio dove si piazza Romano Prodi. È la soap opera della settimana: il ciocca-gate nato da una banalissima domanda posta dalla giornalista di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici, in merito alla polemica sul Manifesto di Ventotene. L'ex premier ha risposto dandole una tiratina di capelli e, quando gli è stato fatto notare che certe cose non si fanno, ha negato dicendo di averle messo una mano sulla spalla. I video trasmessi, nei giorni successivi da Nicola Porro prima e Giovanni Floris poi, hanno però ristabilito la verità e alla fine Prodi si è detto dispiaciuto ("È una mia gestualità famigliare") chiudendo così una polemica di cui avremmo tutti fatto a meno.
E, se solo si fosse scusato subito, ci saremmo pure evitati tutti i suoi supporter accorsi a difenderlo contro il "giornalismo di regime". Ma cosa ci possiamo fare? Anche loro fanno parte del caravanserraglio di una sinistra che da sempre fa del doppiopesismo il proprio marchio di fabbrica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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