Scaroni è stato un buon pedagogo. Ci ha fatto la lezione. Procedendo cauto e silenzioso, improvviso, e appunto decidendo in un Paese in cui si decide sempre niente. La lezione non vale solo per il pieno dell’auto,che è un barometro della fiducia del consumatore o della sua depressione, o del Tir, che trasporta le merci, vale in generale.
I colleghi del Wall Street Journalscrivono un giornale troppo intelligente per non incorrere talvolta in sonore fesserie. Dicono che la legge sul mercato del lavoro irrigidisce le assunzioni, e sfottono. Certo loro vivono in un sistema, american style, in cui tutti i lavoratori sono precari, il capitalismo liberale si assume l’onere e il rischio sociale dentro una cultura fondativa che lo consente, e lo riversa sulla famiglia, sull’individuo, sulla società americana. Si assume e si licenzia liberamente, perché si pensa, con qualche ragione, che il lavoro viene prima di tutto, tanto è vero che Obama è già un ex presidente perché l’occupazione negli Stati Uniti non è ripresa a sufficienza per legittimare il suo secondo mandato, ma si pensa anche altro: il lavoro si crea con il traino della competizione industriale, della concorrenza che fa bene, non con gli ausili di Stato o le rigidità corporative. Rispetto a quel modello, la legge sul mercato del lavoro che si appresta, salvo sorprese, ad essere varata dal Parlamento su proposta di Elsa Fornero, è un buffetto al sistema del welfare, ed è anche carica di rischi, come ci ricorda sempre la pigra Confindustria (la boiata).
Ma questo è il Paese che è, non il Paese che una minoranza vorrebbe che fosse. Da noi precariato è una parola malata, che sa di depressione sociale, non allude alla durezza della vita ma alla cattiveria di classe del sistema economico, da noi la difesa del posto, com’è e dov’è, senza se e senza ma, è stata per mezzo secolo e più una regola che non ammetteva niente, nemmeno un legittimo inserimento di regole per la dismissione dei lavoratori capace di creare mobilità, competizione, regole di produttività in grado di reggere i mercati aperti e il loro destino. Per creare lavoro, appunto.
Quella regola questa legge la incrina. E per equilibrio cerca di stabilizzare per quanto possibile, con gradualità, le situazioni di precariato che una lunga campagna ideologica ha trattato come fossero lo spaventapasseri di una intera generazione perduta. Quella legge, cari colleghi del WSJ , è una decisione, che va nella direzione giusta, nella direzione esattamente contraria all’italian style che vi fa rabbrividire.
Le cose si possono fare. Sarebbe stato meglio se il governo avesse deciso per decreto, se la facoltà di licenziare per motivi economici fosse stata affermata con maggiore caparbietà e minori concessioni al malvezzo di fare amministrare da magistrati e sindacalisti la nostra comune libertà, e alcune buone cose precarizzanti, che hanno creato lavoro e molto in Italia, insomma alcune misure dei provvedimenti ispirati da Marco Biagi, forse andavano salvate. Ma bisogna decidere, e quella è una decisione, come il ribasso della benzina, come l’innalzamento dell’età pensionabile,come la stabilizzazione di conti pubblici, come gli inviti alle riforme strutturali nel senso della società aperta.
Un giorno decideremo di giocare la carta fiscale all’anglosassone, chissà, non ci si è riusciti nemmeno negli anni delle vacche grasse tanta è la voglia italiana che lo Stato faccia da babbo e da mamma, questo è il momento di governare
l’emergenza per lo sviluppo economico, sapendo che le nostre decisioni da sole non risolvono niente, ma tutte insieme sono l’unica cosa che possiamo fare per invertire la tendenza.Decidete, decidete, qualcosa resterà.
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