La legge del pm: bastone ai politici e carota ai killer

I l serial killer? Ma prego, si accomodi pure fuori, merita un permesso premio se ha fatto tanto il bravo da non uccidere nessuno in cella. E se scappa, pazienza, lo si riacciuffa - è accaduto ieri con Bartolomeo Gagliano, catturato a Mentone, e Pietro Esposito, preso a Forlì - e così tutti contenti, a cominciare dal ministro di Giustizia che difende i permessi premio. Il politico ex Dc? No, no, no, è pericoloso, che stia in galera, anche se in carcere ha avuto un comportamento irreprensibile e non ha mai ammazzato nessuno.

Per lui niente sconti, anzi, nemmeno le garanzie di legge, che prevedono che, scontata già metà della pena, sia possibile espiare il resto fuori dal carcere, in affidamento ai servizi sociali. Dura lex, ingiusta lex quella che continuerà a tenere dietro le sbarre del carcere romano di Rebibbia l'ex governatore di Sicilia Salvatore Cuffaro (Udc). Persino l'accusa, rappresentata dal Pg della corte d'Appello di Roma, aveva detto che no, non c'erano ragioni perché l'ex presidente della Regione siciliana dovesse continuare a stare dietro le sbarre, visto che è - lo dice il carcere - un detenuto modello e ha già scontato tre dei sette anni che gli sono stati inflitti.

Ma dal giudice del Tribunale di sorveglianza di Roma è arrivato a sorpresa il niet, anche se per l'ex governatore non si trattava di ritorno in libertà ma solo di affidamento ai servizi sociali. Niet. E per un motivo che riporta la giustizia italiana ai tempi di Tangentopoli, quando gli arrestati eccellenti avevano una sola via per lasciare le patrie galere: ammettere le loro colpe, o, meglio, le colpe loro contestate dai pm, e magari accusare qualcun altro. Il giudice infatti ha detto «no» perché Cuffaro non ha confessato, non ha ammesso di aver tentato, con la sua azione di governo, di favorire indirettamente Cosa nostra (Cuffaro è in carcere per favoreggiamento aggravato dall'aver agevolato la mafia).

Ma come fa un imputato che si è sempre protestato innocente ad ammettere qualcosa che sostiene di non aver commesso? Questo al giudice non importa. Per lui esistono spazi residui di «svelamento della verità». E tanto basta, mentre il governo si sbraccia a svuotare le celle e a ricordare lo scopo educativo della detenzione, a decidere che Cuffaro deve restare in galera. «Lo Stato non deve dare l'impressione di un accanimento terapeutico» avverte il ministro dell'Interno Angelino Alfano, agrigentino come Cuffaro, ex Dc come lui, intervistato a Virus. E fuori dai denti parla anche il fratello dell'ex governatore, Silvio, che si dice «sgomento e indignato»: «Che giustizia è questa? Che nazione è l'Italia? È davvero lunga la serie di fatti che mi portano a pensare che in Italia appartenere a una certa classe politica non consenta di avere giustizia».

Già, la vituperata casta non può, non deve fruire di nessuno sconto, nemmeno se è previsto dalla legge. Neanche se non ha ammazzato nessuno. Ai politici, un consiglio: meglio arruolarsi tra i serial killer. Chissà che non ci scappi qualche permesso premio...

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