Una legge sui 9 euro è a rischio beffa: lo Stato incassa di più, il lavoratore no

Secondo un recente report il fisco si mangerebbe buona parte dell'aumento e spenderebbe meno in Welfare

Una legge sui 9 euro è a rischio beffa: lo Stato incassa di più, il lavoratore no
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Sul salario minimo la sinistra si sveglia e dà i numeri. Sbagliati. È necessario contrastare la deriva dei cosiddetti «lavoratori poveri» o «vulnerabili», vedi i raider, chi lavora in cooperative false, a intermittenza o con contratti pirata, le partite Iva mascherate. Ma il rischio è ingrassare le casse dello Stato. Mentre Fdi lavora a una contrattazione collettiva nazionale di settore per i contratti con paghe inferiori, la Cgil con Giuseppe Conte ed Elly Schlein pensa a imporre per legge 9,5/10 euro l`ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali a una platea (dati Istat) di circa 4,6 milioni di lavoratori. Ma chi dice «ce lo chiede l`Europa», non solo non ha letto la direttiva Ue che fissa a 7,68 euro il tetto minimo per l`Italia (il 60% del salario mediano che da noi è 12,8 euro), ma non ha fatto i conti con la voracità del fisco italiano.

Nel testo approvato il 14 settembre 2022 si chiede infatti di introdurre entro il 15 novembre 2024 un salario minimo legale di almeno 7 euro solo negli Stati membri dove la contrattazione collettiva sia inferiore all`80%: l`Italia è al 97% e il salario minimo del Ccnl è già superiore a quello ipotizzato, come ricorda sempre il numero uno di Confindustria Carlo Bonomi.

Il paper Ue ammoniva: «Un aumento del salario minimo aumenta il gettito delle imposte e dei contributi sul lavoro e può anche ridurre la spesa per le prestazioni riconducibili all`assistenza sociale». Gli esperti del Centro Studi Fiscal Focus guidati da Antonio Gigliotti hanno fatto due calcoli: riallineare le retribuzioni da 7/8 euro lordi l`ora a 9 euro lordi «comporta un appesantimento dei costi datoriali nella misura del 28-30%». Secondo diverse simulazioni (con figli o senza, in affitto o con casa di proprietà eccetera) «il costo salariale complessivo annuo che il datore di lavoro è chiamato a sostenere per il singolo lavoratore aumenterebbe in media «da 24.776 a 31.854 euro», a fronte di un netto percepito da 15.303 euro (con 7 euro lordi l`ora) a 18.601 (con 9 euro) che però si snellirebbe fino a 16.746,4 euro per via della parziale riduzione di sostegni fiscali prima spettanti.

Per fare un esempio, «una coppia monoreddito con un figlio sotto i tre anni passando da 7 euro lordi l`ora a 9 euro lordi l`ora, perde 108,8 euro mensili in assegno unico universale, ovvero 1.305,6 euro di sostegno alla natalità su base annua che prima gli spettava». Di contro, lo Stato incasserebbe «indirettamente 1.800 euro annui a titolo di contributi assistenziali e previdenziali e 1.480 euro per imposte Irpef e addizionali» e risparmierebbe 1.855,6 euro tra assegno unico universale e trattamento integrativo Irpef per un extragettito medio pari a oltre 5mila euro a lavoratore.

La sinistra che governa l`Italia da 20 anni senza aver vinto un`elezione pensa che basti una leggina a incentivare la regolarizzazione del dumping salariale e recuperare gli esclusi dal mercato del lavoro anche per la crescente automazione (vedi la sparizione graduale di benzinai o cassieri) dei lavori poco qualificati.

Secondo lo studio Who Pays for the Minimum Wage? di Commissione Ue e Università di Londra «o l`imprenditore riduce guadagni e investimenti o scarica il costo sui consumatori», innescando una spirale inflattiva che vanifica il tentativo di aumentare consumi e potere d`acquisto. Se è questo che Pd, M5s e Cgil vogliono...

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