L'Ucraina è davvero nei guai, l'obiettivo di Trump e il Papa: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: l'orrore di Hamas sui fratelli Bibas, idegno Gasperini e via Mentana

L'Ucraina è davvero nei guai, l'obiettivo di Trump e il Papa: quindi, oggi...

- Lookman non sarà un gran rigorista e in effetti ha calciato in bocca al portiere. Ma che il suo allenatore, Gian Piero Gasperini, vada in tv a dire che è “il peggior rigorista che abbia mai visto” è davvero indegno. Fossi nell’attaccante, da poco rientrato da un infortunio, e che aveva rimesso in carreggiata la squadra con un gol, lo manderei platealmente a quel paese. Sta tutto qui il limite di Gasp: l’incapacità di prendersi le sue responsabilità, accollandosi anche quelle della squadra. Se Lookman non era il rigorista disegnato ma ha comunque calciato, parte della colpa è sua: come mai non ha dato indicazioni precise prima di entrare in campo su chi dovesse calciare un eventuale rigore? Come mai non ha impedito a Lookman di calciarlo? Troppo facile prendersela coi piedi di un attaccante quando la tua squadra ha incassato tre pere in fila da una squadra oggettivamente inferiore.

- Comunque stiamo ancora aspettando le sanzioni alla Russia che avrebbero definitivamente fatto crollare l’economia di Mosca.

- Vi ricordate di Andrea Papi, il runner morto in Val di Sole sbranato da un orso? Si può capire la disperazione della famiglia. E su questa rubrica abbiamo più volte sostenuto la necessità di abbattere l’orsa assassina e tutte quelle che possano mettere a repentaglio la vita dell’uomo. Però chiedere il processo per il Sindaco e il Presidente della Provincia di Trento era davvero senza senso. Quali colpe possono avere? Avrebbero dovuto andare loro a caccia per difendere Andrea e tutti i runner? Per fortuna il Gip ha disposto l’archiviazione. C’è un giudice a Trento.

- Donald Trump non ha rivoluzionato la guerra in Ucraina. Il principio non cambia: in campo ci sono un aggressore (Mosca) e un aggredito (Kiev). A modificarsi è l’approccio pragmatico alla situazione attuale, che non è quella di tre anni fa. Sì: l’Ucraina grazie all’aiuto occidentale è riuscita a limitare i danni dell’Operazione Speciale di Putin. Ha frenato l’avanzata su Odessa, ha respinto le truppe da Kiev. Però la caduta di Mariupol risale al 20 maggio del 2022, praticamente una vita fa. E da quel giorno, concentrati gli sforzi nel Sud, la Russia ha portato avanti una lenta ma efficace avanzata: nel 2024, per dire, ha conquistato 4mila km quadrati, sette volte in più che nel 2023. Le guerre, come ripetiamo qui da mesi, finiscono in due modi: con la definitiva sconfitta di uno dei due contendenti, e in questo caso appare impossibile; oppure con un trattato. In alternativa c’è solo la guerra infinita, magari silente, ma ugualmente mortale. The Donald ha dunque solo preso atto che difficilmente Kiev si può riprendere ciò che le è stato ingiustamente sottratto. Che Putin non cadrà nel breve periodo. Che l’economia russa non è andata gambe all’aria del tutto. E che non ci sarà alcun cambio di regime al Cremlino, come sperava Biden. È triste? Sì. È orribile? Certo. Ma a un certo punto bisogna anche fare i conti con la realtà e fare di tutto affinché Putin in futuro non ci riprovi di nuovo.

- Per darvi l’idea di come sta messa l’opposizione, sappiate che oggi Giuseppe Conte ha fatto sapere che il M5S è stato “sin troppo generoso nei confronti della coalizione”. Insomma: i grillini senza Grillo si unirà ad Elly Schlein solo se “c’è un buon progetto politico”. E considerando che sono meno in sintonia di Macron e Scholz….

- A Cizzolo spunta una targa per “via Mentana” dedicata al giornalista e conduttore tv. Il quale però è vivo e non risulta affatto titolare di un indirizzo in suo onore, almeno al momento. La domanda è: possibile che nessuno, dicasi nessuno, negli uffici comunali abbia notato lo strafalcione prima di mandare il tutto alle stampe?

- Volodymyr Zelensky è ovviamente ferito e bastonato. Il suo miglior alleato, quegli Stati Uniti che hanno fornito armi e legittimazione politica alla resistenza contro Mosca, ora non lo sostengono più. Lo si era capito ieri, lo conferma la giornata di oggi. Non tanto per le parole di Trump, che verbalmente ogni tanto si lascia sfuggire la frizione (non è certo colpa dell’Ucraina se è stata attaccata dalla Russia e Zelensky non è un dittatore). Ma dal fatto che Kiev è stata plasticamente esclusa da ogni negoziato, almeno nelle sua parte iniziale, ovvero quella che pone le basi di ogni trattativa. Il discorso di Zelensky di oggi è importante per due motivi. Uno: perché, nonostante tutto, conferma l’intenzione di voler concludere il conflitto nel 2025, a riprova che anche il suo popolo non ce la fa più. Due: che la rottura con Washington è totale, talmente profonda da spingere Kiev ad accusare Trump di essere vittima della disinformazione russa e Trump a farsi beffe di Zelensky. Il presidente ucraino deve sapere che The Donald non è uno che le critiche le prende bene, dunque i rapporti devono essere proprio ai minimi storici. Tanto che Kiev ha anche “ritirato” la promessa fatta alla Casa Bianca di restituire i soldi spesi in questi tre anni di guerra in terre rare. Il problema di Zelensky? Che a questo punto può far affidamento solo sull’Unione Europea. Che è un po' come scegliere il pollo zoppo alla lotta dei galli.

- Dopo l’addio ad X e altre proteste inutili, adesso i ricconi democratici americani, primi ad acquistare le Tesla quando era di moda fare i fighi con l’elettrica, stanno vendendo le loro auto per contestare il nuovo nemico del popolo radical chic: Elon Musk. Certo che di battaglie patetiche questi se ne intendono.

- L’analisi più adeguata sul caso Trump-Ucraina l’ha fatta un paio di giorni fa il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Il quale ha spiegato chiaro e tondo che The Donald non guarda il mondo con i nostri occhi. Cioè a lui poco interessa l'ideologia, poco interessa se “storicamente” la Russia è un nemico dell’America, se è “ingiusto” abbandonare l’Ucraina a cui si è promesso aiuto fino a ieri, se gli alleati europei protestano, se i “principi morali” impongono di rispettare il diritto internazionale. Trump appare tragicamente pragmatico: a lui interessa solo rendere gli Usa più grandi, più potenti e più ricchi. E per farlo ha bisogno di concentrarsi nell’Indo-Pacifico e sulla Cina, unica potenza in grado di competere con gli Stati Uniti da un punto di vista economico e in futuro forse anche militare. Dispiace per l’Ue e per l’Ucraina, ovviamente. E non stiamo dicendo che sia “giusto”. Ma prima ce ne rendiamo conto, meglio sarà per noi.

- Con Trump tutto può cambiare nel giro di un amen e non mi stupurei sei domani, di fronte ad uno sgarbo di Putin, Zelensky diventasse il miglior amico di The Donald. Il punto è che vada come vada, l'Ucraina rischia di essere davvero nei guai. Può decidere di non firmare alcun accordo con Mosca, ovviamente, ma a quel punto perderebbe il sostegno americano (militare, economico, diplomatico): ciao ciao missili a lungo raggio, proiettili e tutto il resto. E pensare di resistere solo con il supporto europeo è pura fantascienza.

- Ci sono tante cose che si potrebbero dire sui fratelli Bibas, i due bambini rapiti da Hamas, portati a Gaza e che tra poche ora verranno riconsegnati alla famiglia. Morti. C’è chi si interroga se ad ucciderli siano stati i bombardamenti israeliani, chi di fronte alla loro morte ricorda i decessi nella Striscia dopo mesi e mesi di guerra, chi tutto sommato preferisce relegare in secondo piano la notizia. Che però è tremenda. La più tremenda di tutte. Perché quali che possano essere i ragionamenti sulle radici del conflitto, su cui non entreremo, nessuno può permettersi di non considerare il rapimento di un bambino di 4 anni e di uno di 9 mesi un crimine orrendo. Un crimine atroce. Quali che siano le presunte colpe dello Stato in cui sono nati o della famiglia di appartenenza. Non scandalizzatevi per il paragone, vi prego, è solo per creare il paradosso: neppure il figlio di Hitler a 9 mesi avrebbe meritato di essere preso in ostaggio, figuriamoci due bimbi innocenti e spaventati rapiti da una banda di terroristi in quel tragico 7 ottobre.

- Leggo questo titolo sul Domani: “L’unità sindacale è vitale”. E uno dice: va bene, ci sta, che si chieda alle sigle sindacali più grandi di fare fronte unico. Ma contro chi? Per salari più alti? Contro i licenziamenti? Contro il green deal che uccide l’industria? No: “Per un’alternativa alle destre popolaste”. Ma scusate, non capisco: i sindacati sono un partito o si occupano di lavoro?

- Notizie un po' confortanti e un po' no dal fronte del Papa. La malattia è seria e non può neppure prendere una folata di vento o rischia grosso. Però Meloni l'ha trovato "vigile" e riesce anche a mettersi seduto. Auguri di pronta guarigione.

- Non sarà stato un mese facile per Giorgia Meloni, questo è certo. Ha ragione il Fatto a mettere in fila il caso Santanché, i bisticci con Salvini, le chat interne di FdI, Almasri e il caso del software Paragon. Ma tutti i governi sanno che dopo i primi giorni di idillio poi iniziano ad arrivare le grane. Il problema è venirne fuori e non perdere consensi. E per il momento “il pantano” del governo si è risolto in un 29,5% di sondaggi per Meloni. Piacerebbe anche a me finire nella stessa melma.

- Di pubblicitari bravi ne

esistono. Uno l’ha assunto la polizia di Stato per educare i cittadini a rispettare i limiti in autostrada: foto di una bimba sorride e la scritta “Rallenta, mio papà lavora in autostrada”. Un pugno allo stomaco. Promossa.

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