Meno tasse, più flessibilità Come riformare il welfare senza sforare i vincoli Ue

Nuove assunzioni, ammortizzatori sociali e deregolamentazione in entrata e uscita: solo così si può rilanciare il mercato del lavoro

Meno tasse, più flessibilità Come riformare il welfare senza sforare i vincoli Ue

Italia assente al G20 di Sidney. Peccato. Perché proprio al G20 di Sidney c'era la soluzione. I ministri delle finanze e i banchieri centrali dei 20 paesi più ricchi del mondo, infatti, hanno definito la priorità degli stimoli alla crescita e la necessità di un'azione coordinata tra tutti i paesi, in vista di un obiettivo comune: 2,5% di sviluppo mondiale in più nei prossimi 5 anni rispetto all'attuale 3,7%-4%.
Quello che emerge è che per segnare il cambio di passo nella politica economica mondiale ed europea, lo strumento è la reflazione, vale a dire l'aumento della domanda interna in tutti i paesi, quindi aumento dei consumi, degli investimenti, dei salari, delle importazioni e, di conseguenza, della crescita. Per quanto riguarda l'Europa, la Germania deve reflazionare per cause di forza maggiore, cioè per rispondere alla procedura di infrazione aperta della Commissione europea nei suoi confronti. Gli altri paesi devono farlo per cambiare la politica economica germano-centrica dell'austerità e del rigore cieco.
Lo strumento è quello dei contractual agreements: accordi bilaterali tra i singoli Stati e la Commissione europea, per cui le risorse necessarie per l'avvio di riforme volte a favorire la competitività del «sistema paese» non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/Pil ai fini del rispetto del vincolo del 3%, mentre sono considerate «fattori rilevanti» per quel che riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60% nel rapporto debito/Pil.
Al di là delle formule esoteriche vediamo che cosa tutto questo significa per l'Italia, e usiamo per la nostra «simulazione» l'agenda Renzi, vale a dire il cronoprogramma esposto in più occasioni dal presidente del Consiglio, che prevede a marzo la riforma del lavoro; ad aprile la riforma della pubblica amministrazione; a maggio la riforma del fisco e a giugno la riforma della giustizia. A tutto questo si aggiunge un'altra grande riforma da fare in chiave europea: il pagamento, entro quest'anno (prima che scatti la mannaia del Fiscal compact) e fino ad esaurimento dello stock in essere, dei debiti della Pubblica amministrazione.

Debiti della Pa

Ai 50 miliardi di euro di pagamenti complessivi previsti dal decreto originario per gli anni 2013 e 2014, si possono aggiungere pagamenti per altri 50 miliardi di euro, da attivare mediante semplice concessione di garanzia da parte dello Stato su debiti certi, esigibili e ormai definitivamente accertati dalle procedure già poste in essere. Un primo grande segnale per la ripresa: un meccanismo che immette liquidità nella nostra economia, non costa niente, ed è già stato definito con l'Europa. Deve solo essere implementato.

Riforma del lavoro

Detassazione delle nuove assunzioni e deregolamentazione in entrata e in uscita. Il tutto accompagnato da una riforma degli ammortizzatori sociali e dalla conseguente riduzione della cassa integrazione. Questo è quello di cui c'è bisogno per riformare in chiave europea il mercato del lavoro in Italia. Questo è quello che l'Europa ha chiesto all'Italia. Alle richieste del 5 agosto 2011, il governo italiano allora in carica aveva risposto con gli impegni contenuti nella lettera inviata ai presidenti della Commissione e del Consiglio europeo il 26 ottobre 2011, parzialmente attuati nel maxi-emendamento alla legge di Stabilità per il 2012. Rispetto a tali risultati, tuttavia, nell'anno di governo Monti è stata fatta una grave marcia indietro, e nessuna correzione alle disastrose riforme Fornero è stata predisposta dal ministro Giovannini nei 10 mesi di governo Letta. Avrà Renzi il coraggio di fare una vera riforma del lavoro in chiave europea, anche ispirandosi alle riforme Hartz implementate dalla Germania di Schroeder nei primi anni 2000?
Costo: 4-5 miliardi.

Riforma della Pa

La strada è segnata e, come ama ripetere il commissario Olli Rehn, c'è solo una cosa da fare: «Implementare pienamente la riforma Brunetta di modernizzazione della Pa». In particolare, basta implementare le norme relative alla mobilità obbligatoria del personale (ultimo atto del governo Berlusconi nel 2011), che diventa essenziale al fine di allocare meglio i dipendenti tra le amministrazioni pubbliche; le norme relative alla valutazione delle performance dei dipendenti e i conseguenti incentivi alle progressioni di carriera per merito piuttosto che per anzianità; le norme relative alla determinazione degli standard dei servizi pubblici, al fine di incentivare la produttività nella PA; le norme sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni; le norme che per i dirigenti pubblici prevedono, come piace a Renzi, solo mandati a tempo determinato rinnovabili.
Una riforma che non costa nulla, anzi produce risparmi per almeno 4 miliardi. Una riforma, quindi, che ha bisogno solo di essere attuata, mobilitando tutte le risorse disponibili e subordinando ad essa l'apertura di una nuova stagione contrattuale. Lo sblocco dei contratti costa 3-4 miliardi, importo pari proprio ai risparmi che la piena implementazione della riforma Brunetta produce. Mobilità obbligatoria, premialità e sblocco dei contratti: è questo il grande investimento in capitale umano che il nuovo governo dovrà fare. Ne avrà il coraggio Renzi?

Riforma del fisco

Anche per quanto riguarda il fisco la strada è già segnata, e la direzione è quella indicata dall'Europa: basta dare piena ed immediata attuazione della «delega al governo per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», attualmente in terza lettura in commissione Finanze alla Camera. Tra i punti focali, rivestono particolare importanza le norme volte alla revisione del catasto dei fabbricati, alla razionalizzazione delle tax expenditures e all'introduzione di forme di consulenza preventiva e di certificazione ex ante, da parte dell'amministrazione finanziaria, degli obblighi fiscali dei contribuenti.
Costo: 5-7 miliardi.

Riforma della giustizia

Occorre dare risposta alla procedura d'infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti del nostro paese con riferimento alla responsabilità civile dei magistrati; occorre rispondere al messaggio alle Camere del presidente della Repubblica dello scorso 8 ottobre sulla condizione delle carceri in Italia; occorre ricordare la rilevanza della relazione sulla giustizia prodotta lo scorso aprile dal gruppo di saggi voluto dal presidente della Repubblica e dei quesiti dei referendum radicali per una giustizia giusta.
Costo: 3-5 miliardi.

Conclusioni

Tutte queste sono riforme che costano, ma tutti i costi possono essere discussi in Europa, in termini di risorse e di investimenti necessari. Tutte queste riforme, se da un lato comportano uno sforamento di 16-20 miliardi (1 punto di Pil sul deficit e sul debito) su base triennale, dall'altro portano ad accompagnare l'attuale debole ripresa prevista (0,4%) e portarla a livello europeo (1,1%), che è pari a 3 volte quello italiano. Lo spazio, come abbiamo visto, c'è.


Il governo Renzi avrà il coraggio, la capacità e la forza di farlo? Avrà la capacità di far accettare le sue riforme in Europa? Avrà il coraggio dell'attuazione senza cedere alle clientele, ai poteri forti e ai sindacati? Su questa base noi ci siamo. Presidente del Consiglio Renzi, lei c'è?

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