Metà dei Conservatori insorge. E giura vendetta contro il premier

Metà dei Conservatori insorge. E giura vendetta contro il premier

L'ha voluto e ce l'ha fatta. Con 400 voti a favore e 175 contrari, David Cameron scippa a laburisti e liberaldemocratici lo scettro di paladino dei diritti gay e usa i voti degli alleati di governo e dell'opposizione per entrare nella storia come il premier che ha portato gli omosessuali all'altare (a maggio il voto dei Lords). Lo fa senza nemmeno comparire a Westminster (e tutti a chiedersi dove si trovasse in un giorno cruciale, poi è arrivata una dichiarazione alla Bbc), conscio di avere aperto nel suo partito una voragine che rischia di farlo inabissare più delle misure economiche lacrime e sangue varate dal governo. Paradossi della politica e sfide di un leader che non ha mai nascosto di volersi ispirare a Tony Blair e che, come l'ex premier, rischia grosso per puntare ancora più in alto.
Durissimo il fuoco amico che lo ha colpito in Aula, l'accusa di adottare tecniche da Grande Fratello: «Il matrimonio è l'unione tra un uomo e una donna - ha detto il conservatore Roger Gale - Ridefinirlo vuol dire entrare in territorio orwelliano, riscrivere il lessico. Non funzionerà». Dall'altra parte i racconti personali di alcuni Tory, gay e favorevoli al matrimonio, che a tratti hanno trasformato il dibattito parlamentare in una grande seduta psicanalitica.
A pochi giorni dal voto francese, il primo sì di Westminster ai matrimoni omosessuali conferma un'onda libertaria in tutta l'Europa occidentale ma diventa anche il simbolo dei paradossi della politica e delle scommesse del leader britannico. Cameron il modernizzatore, l'uomo che ha reso i Tory nuovamente eleggibili ed è riuscito a oscurare l'immagine del nasty party, il partito dei «cattivi» - liberisti sfrenati, insensibili alla povertà e allergici alla diversità - giunge al traguardo con l'aiuto dei suoi nemici giurati, i laburisti tradizionalmente gay-friendly, e dopo aver aizzato una durissima contestazione interna. È la prova di forza finale sul vecchio modello Tory. Mentre i Conservatori vengono ancora accusati di essere il partito dei ricchi, Cameron tenta di dimostrare che non sono più il partito anti-omosessuali. Lo fa da destra, proprio mentre molti suoi deputati mostrano il volto più antiriformista. Lo fa difendendo il matrimonio come istituzione - «Crediamo che aprendolo alle coppie dello stesso sesso l'istituzione si rafforzerà», hanno scritto i ministri Hague (Esteri), May (Interni) e Osborne (Economia) per convincere i colleghi di partito ribelli - ma lo fa anche caricandosi sulle spalle un grosso rischio, quello di perdere le prossime elezioni per la rivolta della base, spaccata in due quanto il partito. Eppure Cameron potrebbe rivelarsi più furbo dei suoi critici. Con il discorso per una nuova Europa - in cui ha minacciato l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue - ha sottratto terreno agli indipendentisti dell'Ukip (il partito che i sondaggi danno al terzo posto, che avrebbe cioè spodestato i Libdem alleati di governo) e con i matrimoni gay toglie argomenti (specie la bandiera di difensori dei diritti civili) agli avversari laburisti. Chissà che i voti persi da una parte, la sua, non possano rientrare dall'altra.

La sfida è ambiziosa. E Cameron vuole giocarsela con la pretesa di diventare il «Tory» Blair che ha sempre sognato di essere. «La legge renderà il nostro Paese più forte», ha detto ieri alla Bbc. O forse intendeva se stesso?

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