Migranti, cos'è la protezione speciale e perché è un fallimento

Con il maxi emendamento al cosiddetto decreto Cutro, i casi di concessione della protezione speciale sono destinati a diminuire drasticamente

Migranti, cos'è la protezione speciale e perché è un fallimento

La maggioranza sembra voler procedere spedita verso un ridimensionamento della protezione speciale. Le ultime novità da Palazzo Madama, dove è in corso l'esame del decreto firmato dal governo dopo la strage di Cutro, parlano di un maxi emendamento a firma di Maurizio Gasparri in cui non è prevista l'eliminazione totale della protezione speciale, ma una forte limitazione dei casi in cui è possibile ottenerla.

Sul motivo per cui la protezione in questione è tornata a essere centrale nel dibattito politico sull'immigrazione, riguarda la natura stessa dell'istituto introdotto nel 2018 ma modificato dall'ex ministro Luciana Lamorgese nel 2020. Secondo l'attuale maggioranza, la protezione speciale ha avuto la funzione negli ultimi due anni di una vera e propria sanatoria, concessa a chi non ha diritto di rimanere in Italia. Per questo, tra le altre cose, si parla anche di fallimento.

Cos'è la protezione speciale

Come afferma la stessa parola, la protezione speciale va oltre i casi ordinari. Va cioè al di là di quelle fattispecie in cui è prevista la concessione del diritto d'asilo o della protezione sussidiaria. L'introduzione della protezione speciale si è avuta con la legge 132/2018, quella cioè relativa al cosiddetto primo "decreto sicurezza" approvato dal governo gialloverde. All'epoca però l'istituto era stato concepito per ben altri scopi. L'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, intedeva eliminare la protezione umanitaria e stabilire una limitata casistica in cui far scattare il diritto di protezione per chi non era stato ritenuto idoneo a rimanere in Italia.

Con il primo decreto sicurezza, la protezione speciale si poteva applicare solo in caso di necessità di cure mediche, di calamità particolari o di atti di particolare valore civile. Nell'agosto 2019 il governo gialloverde è caduto e con il Conte II si è dato vita a un esecutivo composto da M5S e Pd. Tra gli obiettivi della nuova maggioranza c'era anche la rimodulazione dei decreti sicurezza di Salvini. Il nuovo ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, in questo contesto ha stravolto l'istituto della protezione speciale.

In particolare, le norme per l'ottenimento della protezione sono diventate meno stringenti. Non solo, ma sono stati ampliati i casi per i quali un singolo migrante può rimanere in Italia in assenza del via libera della commissione territoriale all'ottenimento del diritto d'asilo. Ed è contro queste modifiche che adesso la maggioranza di centrodestra a sostegno del governo Meloni vuole intervenire.

I beneficiari

A poter richiedere la protezione speciale sono quei migranti che si son visti respingere la domanda di asilo e di protezione sussidiaria. Si tratta quindi di soggetti arrivati nel nostro Paese e che si ritrovano senza alcun titolo per rimanere. Con le modifiche volute da Luciana Lamorgese, introdotte con la legge 130/2020, i beneficiari sono tutti coloro che dimostrano di avere particolari necessità di protezione.

Come detto, le modifiche dell'ex ministro dell'Interno hanno aumentato la platea dei potenziali aventi diritto. Rientrano in quest'ultima categoria coloro che, in caso di espulsione o respingimento verso uno Stato, rischiano di essere perseguitati per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali. Così come, coloro che sempre in caso di espulsione sostengano di avere fondati motivi di essere sottoposti a tortura o a trattamenti inumani o degradanti.

Non solo, ma con la nuova normativa voluta da Luciana Lamorgese è stato introdotto anche il principio dell'integrazione. Si può ottenere il permesso speciale cioè se si dimostra di essersi pienamente integrati nel nostro Paese. Nel 2022 hanno ottenuto la protezione speciale oltre diecimila migranti. Un numero superiore a coloro che si son visti riconoscere il diritto di asilo e la protezione sussidiaria, rispettivamente 6.100 e 6.700 migranti. Nell'anno in corso, al momento i dati parlano di 3.800 migranti che hanno ottenuto la protezione speciale.

Perché si parla di fallimento

I numeri indicati denotano un primo importante paradosso della protezione speciale. Se i casi speciali superano quelli ordinari, vuol dire che l'istituto si è trasformato da una procedura residuale, da usare solo come extrema ratio in caso di mancato riconoscimento del diritto d'asilo, a una ordinaria. Anzi, addirittura quella più utilizzata.

Da qui la volontà dell'esecutivo attuale di tagliare i ponti con il recente passato. Con le modifiche che verranno adottate nei prossimi giorni, la protezione speciale tornerà a essere usata solo per casi particolari espressamente previsti dalla futura normativa. Ma c'è un altro motivo per cui la versione del 2020 dell'istituto può essere dichiarata fallimentare. L'intento dell'ex ministro Lamorgese era quello di favorire l'integrazione. Per questo, con la legge 130/2020, era stata prevista la possibilità, per i beneficiari della protezione speciale, di svolgere attività lavorativa. E, di conseguenza, di poter trasformare la protezione in un permesso di lavoro.

I dati parlano però di

un obiettivo non centrato e molto lontano dalla realtà. Su 44.436 permessi per protezione speciale rilasciati dal 2021, come ha fatto notare IlSole24Ore, solo 2.424 sono stati trasfromati in permessi di lavoro. Un numero pari al 5.45% del totale.

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