Dalla scelta dei ministri fino ai "mancati interventi sul fisco", passando per la decisiva partita del Quirinale con una domanda che è sempre rimasta senza risposta. Matteo Salvini nel suo libro "Controvento" (casa editrice Piemme) - che verrà presentato in anteprima a Milano il 25 aprile e sarà nelle librerie dal 30 aprile - ripercorre tanti momenti che hanno caratterizzato il suo complicato rapporto con Mario Draghi. Il leader della Lega affronta quindi a mente decisamente più fredda che cosa sia andato storto nel complesso con l'esecutivo nazionale presieduto dall'ex presidente della Banca Centrale Europea da febbraio 2021 (subito dopo la caduta del Conte 2) allo strappo del luglio 2022 che poi porterà alle elezioni anticipate del 25 settembre stravinte dal centrodestra di Giorgia Meloni.
La nascita del governo Draghi
In un capitolo del suo libro Salvini parla di "scivoloni" nella composizione della squadra di governo, di un "metodo evidentemente sbagliato". In un'anticipazione di oggi, si legge che "il Colle affidò l'incarico di formare un nuovo governo di emergenza nazionale a Mario Draghi. Un nome di prestigio internazionale che circolava da tempo. Nel centrodestra, Draghi godeva di ottima considerazione". Poi il leader della Lega racconta che "telefonai a Mario Draghi quando il governo era tutto da costruire, e ci mettemmo d'accordo per vederci riservatamente. Il premier in pectore mostrò massima disponibilità a collaborare, pur consapevole della drammaticità del momento e della difficoltà generata da una maggioranza eterogenea".
L'attuale vicepresidente del Consiglio sostiene che nessuno poteva "immaginare l'evoluzione della crisi Covid con tutte le laceranti conseguenze, a partire dal dibattito sulle libertà personali, sull'equilibrio tra diritto alla salute e del lavoro, su green pass e vaccini", annota Salvini che passa poi a spiegare che "al di là della cortesia dei primi approcci, il premier Draghi scelse di non condividere con i segretari dei partiti nemmeno la scelta dei ministri". In tal senso il ministro delle Infrastrutture ricorda "che ero a casa, quando mi squillò il telefono. Palazzo Chigi. Da lì a dieci minuti, i nomi degli aspiranti ministri sarebbero stati consegnati al Colle. Ripeto: dieci minuti".
Draghi gli comunicò di avere individuato in Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia ed Erika Stefani come "leghisti meritevoli di ottenere dei dicasteri. Nomi autorevoli che godono della mia totale stima e fiducia, ma il metodo - accusa - era evidentemente sbagliato. Peraltro, era opinione diffusa in tutti i partiti". Il segretario della Lega sottolinea che quello non fu "l'unico scivolone, perché nell'esecutivo che doveva essere dei migliori figuravano alcuni nomi francamente sconcertanti come la disastrosa Luciana Lamorgese confermata al Viminale, per non parlare di Roberto Speranza alla Salute, fino all'irriducibile Di Maio agli Esteri, non esattamente una partenza brillante".
Salvini e la partita del Quirinale
Si arriva poi fino alla decisiva partita dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica (gennaio 2022) con una domanda posta a Draghi che è sempre rimasta inevasa. Matteo Salvini rianalizza in particolare anche le fasi delle ultime elezioni per il Quirinale: Poco più di due anni fa "si giocò la delicata partita del successore di Sergio Mattarella - scrive Salvini nel libro "Controvento" -. Nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio aveva fatto intendere di ritenere sostanzialmente conclusa la sua missione al governo. Un'uscita che in molti avevano letto come l'ammissione di voler puntare al Colle".
Si era in un momento storico in cui, per la prima volta nella storia, "il centrodestra partiva con numeri migliori rispetto al centrosinistra, ma non sufficienti a eleggere un proprio esponente senza il sostegno di almeno un pezzo dello schieramento rivale". In un altro passaggio Salvini ricorda "un ultimo incontro con il presidente Draghi in cui sondava la disponibilità della Lega e del centrodestra in generale per un'eventuale sua ascesa al Colle. Alla mia domanda diretta: 'In caso di sua elezione che ne sarà del governo?', la risposta non arrivò. O meglio, ci fu un 'ne parleremo dopo...'", si legge ancora.
"Pace fiscale rimane nostro obiettivo"
Per quanto riguarda i temi economici, la Lege fece spesso delle proposte all'ex presidente del Consiglio, esprimendo sempre "la massima determinazione a semplificargli la vita. Senza mai avanzare pretese su poltrone o incarichi". Matteo Salvini lo rivendica in un altro stralcio del suo libro che prosegue ricordando come "alla vigilia della prima manovra economica, organizziamo una riunione informale della Lega con il ministro Giorgetti. Chiamai Draghi per confrontarmi su alcune misure e spiegare che la bozza del governo sulla rottamazione delle cartelle esattoriali era assolutamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi che ci eravamo ripromessi". Quello della pace fiscale - che due anni e mezzo fa terminò con un nulla di fatto, il vicepremier conferma essere comunque un suo obiettivo attuale.
"Era e rimane nostra intenzione - chiarisce il leader della Lega - garantire ai cittadini che hanno correttamente fatto la dichiarazione dei redditi, ma che non sono riusciti a onorare il proprio debito con il Fisco, di ripartire pagando solo una parte del dovuto. Chiamatelo saldo e stralcio, rottamazione o pace fiscale: l'importante è il risultato.
Non è un premio ai furbi o ai delinquenti, ma un percorso ragionevole per restituire dignità e lavoro a chi si è trovato di fronte a difficoltà inaspettate". Purtroppo, nonostante le rassicurazioni del premier Draghi, "quel governo non fece assolutamente nulla di utile in questa direzione", conclude Salvini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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