Tutti poi vedono che con le pay tv arrembanti, con lo spazio di Sky e di altri, con il rilancio tecnologico del digitale terrestre, l’ambito plurale dell’informazione e di tutto il resto si è immensamente accresciuto ( testimonial a suo modo anche Michele Santoro e la sua compagnia di giro extrasistema). La Rai è anch’essa in via di normalizzazione a partire da governance, bilanci e prodotto, e come sempre è destinata ad accontentare tutti con un rilievo al suo interno del peculiare partito-Rai.
Che cosa resta dei processi a Berlusconi e del conflitto della politica con i magistrati, a parte rimasugli vari e la necessità di ripensare il funzionamento della giustizia alla luce della sua impropria politicizzazione, dopo le dimissioni di Berlusconi, la sentenza Mills di prescrizione del reato, la diffusione a tutto campo di inchieste abbastanza mediocri sulla corruzione nel bel mezzo del dichiarato fallimento strategico dell’operazione Mani pulite? Resta quasi niente, cioè un processino pruriginoso, abusivo nella sostanza e malcerto nella forma giudiziaria, basato sulla caccia spionistica alla vita privata di un uomo tornato libero da incarichi pubblici. La discussione sulla giustizia è vecchia quanto il mondo, e non si polarizzerà più su una figura politica di primo piano. C’è solo da sperare che non muoia nell’indifferenza colpevole, e che il ministro Severino riesca a fare qualcosa per le vere emergenze a partire dalle carceri infernali che ci ritroviamo.
Che cosa resta del conflitto sul famoso Caimano o come io preferisco dire sul Cav, sul suo stile, sul suo modo di interpretare l’Italia, di dare voce facendo molto chiasso a certe emergenze decisive dopo la caduta del muro di Berlino e della vecchia Repubblica dei partiti? Una barzelletta di Berlusconi, una sua sortita sorprendente, una sua provocazione storica, un suo flash ideologico non sono più materia di lacerazione istituzionale più o meno ipocrita, sono parte di un paesaggio politico ricostituito e trasformato senza l’ombra di una resistenza tirannica, nella sapienza di un congedo che ha lasciato il posto a un governo tecnocratico non avaro di riconoscimenti verso i predecessori di ogni segno.
Che cosa resta dello scontro con il complesso politico-editoriale-finanziario di Carlo De Benedetti, a partire dal caso Mondadori? C’è stato un risarcimento, odioso per quantità e qualità, ma eseguito giudizialmente con compostezza, e oggi pare oggetto di trattativa finale, bei soldi a coprire forzosamente gli interessi nascosti della galassia antiberlusconiana.
Pratica chiusa o in via di chiusura definitiva.
Che cosa resta degli eccessi e degli sconvolgimenti pro o contro il comunismo, il populismo, l’autoritarismo dispotico dell’uno, la furba congiura antidemocratica degli altri? Resta un triste teatro milanese dove i superstiti di una stagione tramontata, Zagrebelsky & C., cercheranno di dare nuova vita ai fastigi malmostosi e residuali di un insincero moralismo politico, ma a questa genia della strisciante guerra civile ideologica non resta che leggere Kant la sera, di nuovo senza capirne la sottigliezza etica e la genuina allegria di pensiero liberale.
Dei nostri amori di vent’anni resta il nulla che ha impedito alla fine di governare, sia a Berlusconi sia a Prodi e ai suoi in alternanza, e ha costretto il Paese alla fine a cercare di domare la crisi finanziaria con un governo del presidente, un governo tecnico e una maggioranza politica che lo sostiene.
Dall’altra parte ci sono le cose da fare, che sarebbe stato fare meglio e prima e in un clima costituzionalmente serio e responsabile, e che in parte si stanno facendo. La disciplina dei conti pubblici, le riforme liberalizzanti, un nuovo mercato del lavoro aperto ai giovani e alle donne, nuove relazioni sindacali che mettano in archivio i principi e il metodo della lotta di classe, e poi le riforme su cui tutti convergono da decenni, più poteri al premier, un Parlamento non bicameralista e perditempo, meno parlamentari, nuovi regolamenti, l’equilibrio di bilancio in Costituzione, e si spera uno stato fiscale meno rapace e amico della crescita economica.
In questa situazione reale, effettiva o effettuale come avrebbe
detto il Machiavelli, pare a voi che si possa pensare al 2013 come a un anno in cui si ritorna all’origine, cioè a una forma di bipolarismo che non ha funzionato, a un menare le mani su fantasmi che appartengono al passato?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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