«Il materiale cartaceo è molto sensibile all’attacco di agenti di biodeterioramento: in condizioni ambientali favorevoli (umidità e temperature elevate, presenza di polveri organiche) microbi, funghi, muffe possono rappresentare una minaccia grave. Per questo, in occasione della prima Conferenza Nazionale sui Beni Culturali da noi promossa, abbiamo deciso di impiegare tecniche diagnostiche innovative per la valutazione dello stato di salute fisico e biologico del documento simbolo della nostra storia repubblicana: la copia originale della Costituzione Italiana».
Ermanno Calcatelli è il presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi e sta lavorando molto sulla formazione per creare nuovi sbocchi lavorativi e offrire nuove opportunità a chi si laurea in Scienze biologiche. Un’opera di allargamento del perimetro professionale che passa anche attraverso iniziative «dimostrative».
Presidente Calcatelli, come sta la nostra Costituzione dal punto di vista biologico?
«Innanzitutto iniziamo col dire che le copie originali sono tre. Una è al Senato, una alla Camera e l’altra all’Archivio di Stato all’Eur. E' stata presa in considerazione quest’ultima».
Il verdetto?
«Diciamo che versa ancora in buona salute, almeno dal punto di vista biologico, anche se mostra i segni del tempo dal punto di vista chimico. La carta risulta essere ricca di lignina e come prevedibile a pH acido. Forse si potrebbe trovare un locale meno frequentato ma il documento viene
sicuramente tenuto con molta accuratezza».
Quali sarebbero le condizioni ideali per la conservazione?
«Bisogna partire da un presupposto che vale per l’esposizione di ogni opera d’arte: le persone agiscono come degli inquinanti. L’aria all’esterno della teca blindata che ospita la Costituzione presenta una carica fungina e batterica elevata, fortemente influenzata dall’assenza di filtrazione e trattamento dell’aria proveniente dall’esterno e dalla presenza assidua del personale. E questo favorisce la presenza di batteri mesofili associabili all’uomo».
Ci sono le condizioni per un più stretto connubio tra beni artistici e biologia?
«I miei colleghi, nella loro ideale cassetta degli attrezzi culturale e scientifica, posseggono quegli strumenti in grado di arginare il biodeterioramento dei manufatti di pregio. Noi stiamo lavorando per migliorarli e affinarli. Abbiamo appena stipulato una con l’Università Pontificia per la tutela dei reliquari e degli archivi. In questo settore c’è molto che il biologo può fare per la conservazione di materiali lignei, pietra e materiali cartacei. Tutti materiali su cui funghi, batteri, lieviti e muffe agiscono in maniera invasiva. Tornando alla Costituzione la cellulosa della carta è un ghiotto pasto per i parassiti».
Il Master in architettura e arti sacre che state lanciando può creare nuovi posti di lavoro?
«Il potenziale in un Paese come l’Italia dove il patrimonio artistico è il più importante al mondo è grande. Certo in questo momento le amministrazioni
non hanno grande voglia di investire sulla prevenzione. Ma questo ambito non potrà che espandersi. L’ideale sarebbe costituire un nucleo di
professionisti incaricati di procedere a controlli preventivi».
A quali altri ambiti si sta allargando la professione del biologo?
«Partiamo dalla premessa che è una professione in costante aggiornamento quindi serve investire nella formazione. Le faccio un esempio: di recente abbiamo stipulato un accordo con l'Università di Tor Vergata per fare corsi di genetica forense a cui oltre ai biologi parteciperanno anche poliziotti e
carabinieri. Ci saranno poi dei veri e propri concorsi ad hoc per operare in questo settore. Ma poi ci sono ambiti importanti come l’igiene e la qualità
degli alimenti; la conservazione dell’ambiente; la nutrizione.
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