Ora gli azionisti fuggono. E Calenda si scusa con Renzi

Retromarcia sul leader di Iv: "Non è un mostro, ho sbagliato toni". E sui territori rivogliono l'alleanza

Ora gli azionisti fuggono. E Calenda si scusa con Renzi

Carlo Calenda rettifica il suo atteggiamento verso Matteo Renzi che «non è un mostro» e verso il quale ha usato «toni sbagliati». È un Calenda meno baldanzoso del solito quello apparso sugli schermi di SkyTg24 per affermare di aver fatto «un solo attacco personale a Renzi» e di aver «sbagliato». Del resto dalla frattura tra Italia viva e Azione in poi di cose ne sono successe. Prima tra tutte il via-vai di truppe territoriali azioniste che hanno dimostrato di credere molto nel progetto del Terzo polo ma poco, se non pochissimo, nell'ex candidato a sindaco di Roma e nella sua leadership. Prova ne sia quanto accaduto in Piemonte, con il coordinatore regionale di Azione Gianluca Susta fermo nelle sue intenzioni di rimanere alleato di Iv, in barba agli ordini di segreteria. E poi quegli ex forzisti in assoluto disagio - leggasi gli ex ministri Mara Carfagna e Mariastella Gelmini su tutti - per la prospettiva concreta di ritrovarsi schiacciati in un'alleanza col Pd. Al che Calenda si è messo a domandare perdono e a scongiurare dal paniere delle ipotesi l'abbraccio ideologico con Elly Schlein. Insomma è un Calenda accortosi della fragilità del calendismo (sempre che esista), dopo la performance non proprio brillante delle ultime elezioni ragionali: zero consiglieri regionali eletti nel Lazio (i due del Tp sono entrambi renziani); un solo consigliere regionale eletto in Lombardia (gli altri due presenti al Pirellone sono a loro volta renziani). Il leader di Azione, in questo che sembra un accenno di ripensamento, ha aggiunto che la separazione da Iv viene pagata «nei sondaggi ma soprattutto personalmente». Vero. Calenda, da quando ha divorziato da Renzi, ha intrapreso una discesa repentina. Per YouTrend, l'ex ministro dello Sviluppo economico ha perso tre punti nella rilevazione sulla fiducia degli italiani. E questo è un dato successivo alla rottura con l'ex presidente del Consiglio. Mentre «il Terzo polo, sondato unito - fa presente sempre lo stesso istituto - , era al 7,5%, mentre oggi la somma di #Azione (3,5%) e #ItaliaViva (2,1%) è 5,6%». Considerato tutti questi fattori, diviene naturale comprendere le ragioni del «mea culpa» del leader di Azione. Calenda ha concluso la giornata di ieri, annunciando un tour in Sicilia (dove Azione non presenterà neppure la lista alle comunali di Catania) e con un po' di politologia. «C'è un'area centrale di elettori a cui bisogna parlare, ed è un lavoro molto lungo», ha chiosato. Lo stesso messaggio delle elezioni politiche. Lo stesso progetto che è ormai finito nel baratro, con un fuggi-fuggi tanto ingestibile quanto territoriale. A certificare la disperazione interna sono arrivate le parole della deputata azionista Daniela Ruffino. «Il progetto del Terzo Polo è più grande, ci mancherebbe altro, delle questioni personali, delle dispute e delle baruffe», ha dichiarato la parlamentare. E ancora: «Gli elettori non ci chiedono chi abbia avuto ragione o torto nelle polemiche delle settimane passate». Un modo come un altro per chiedere al suo leader di allungare in misura maggiore le braccia verso Renzi, per tentare di ripartire da dove ci si è fermati.

Difficile, molto difficile, scrutare in anticipo le intenzioni di chi in pochi anni è passato dal volersi iscrivere ai Radicali all'iscriversi al Pd, dal salire sulla scialuppa del renzismo ad essere critico di Renzi, dal voler costituire il Tp a voler creare un polo minuscolo ma solo e soltanto suo.

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