Ora il superbanchiere rivela: Cav cacciato perché anti euro

L'ex Bce Bini Smaghi ricostruisce gli eventi che portarono alle dimissioni del 2011. Berlusconi ad Arcore confida ai suoi: presto deciderò, ma è il Pd che vuole la crisi

Silvio Berlusconi saluta i suoi simpatizzanti davanti villa San Martino ad Arcore
Silvio Berlusconi saluta i suoi simpatizzanti davanti villa San Martino ad Arcore

Un'altra giornata di riflessione. L'ennesima. In cui chiuso ad Arcore il Cavaliere continua a studiare vantaggi e svantaggi che derivano da ognuna delle possibili soluzioni. Le opzioni sul tavolo sono ormai note e il dubbio è solo sulla scelta finale, con tutte le conseguenze del caso. Diverse a seconda della strada che Silvio Berlusconi deciderà d'intraprendere. Una giornata un pizzico movimentata dalle rivelazioni di Lorenzo Bini Smaghi, l'ex board Bce secondo cui nel 2011 il Cavaliere aveva «ventilato in colloqui privata con i governi di altri Paesi dell'Eurozona l'ipotesi di una uscita dall'euro». Per questo, insomma, sarebbe poi stato costretto a dimettersi da Palazzo Chigi.
Nel frattempo, però, la politica resta in stand by, appesa al voto della Giunta per le elezioni in programma la prossima settimana e all'eventuale show down. E nel silenzio che continua a rimbalzare da Arcore si tratteggiano retroscena e si delineano scenari, alcuni - a dire la verità - al limite del ridicolo. Il segno che in attesa della mossa del Cavaliere il nervosismo che si respira nel Palazzo è tangibile.
D'altra parte, sono settimane che Berlusconi è chiuso a villa San Martino in compagnia degli avvocati, dei figli, della fidanzata Francesca Pascale e della sempre presente Mariarosaria Rossi. Tutti gli altri vanno e vengono, a seconda dei giorni e delle riunioni in programma ad Arcore. Sono settimane, insomma, che l'ex premier studia tutti gli aspetti della pratica e valuta il da farsi. E «molto presto», assicura nelle conversazioni telefoniche delle ultime ore, «deciderò il da farsi».
Già, perché la settimana cruciale è ormai alle porte. È tra il 10 e il 19 ottobre, infatti, che si deciderà tutto: prima il voto dell'aula di Palazzo Madama sulla decadenza da senatore, il 15 ottobre la scadenza dei termini entro cui presentare la domanda di affido ai servizi sociali (altrimenti scattano i domiciliari) e il 19 la Corte d'Appello che si riunisce per rideterminare la pena accessoria dell'interdizione. Anche se il Cavaliere una decisione dovrebbe prenderla ben prima, probabilmente la prossima settimana e al più tardi entro fine mese.
Al momento continua ad essere incline a chiedere l'affido ai servizi sociali, una scelta che gli consentirebbe di avere una certa agibilità (non solo politica). Mentre resta negativo sulla domanda di grazia perché una simile richiesta gli permetterebbe di avere un ombrello «politico» nei confronti di procure troppo aggressive ma lo costringerebbe a giocare in difesa. Pro e contro, appunto. Di certo il Cavaliere non s'illude che il Pd gli faccia sconti mercoledì durante il voto in Giunta. Perché, è il senso del suo ragionamento, i democratici puntano a sfasciare tutto visto che il loro elettorato non sopporta questo governo e che oltre mezzo partito vuole andare al voto. Una questione su cui insistono anche i capigruppo del Pdl Renato Brunetta e Renato Schifani. Il primo punta il dito contro Guglielmo Epifani che «agita il cappio» perché il Pd «è tenuto insieme dalla voglia di eliminare il nemico», il secondo polemizza contro «l'accelerazione dei lavori in Giunta» convinto che «il Pd lavora per andare alle elezioni». E pure il ministro Maurizio Lupi è convinto che sia «tutto nelle mani del Pd» mentre il suo collega Gaetano Quagliariello invita a non trasformare il voto in Giunta in «una corrida».
Fa discutere, intanto, la ricostruzione della caduta del governo Berlusconi fatta da Bini Smaghi nel suo libro Morire di austerità. L'economista, infatti, ipotizza una sorta di complotto quando dice che «la minaccia di uscita dall'Euro non sembra una strategia negoziale vantaggiosa».

E spiega: «Non è un caso che le dimissioni di Berlusconi siano avvenute dopo che l'ipotesi di uscita dall'Euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi di altri paesi». Come se i responsabili fossero stati quegli Stati - come Germania o Francia - che hanno fatto da gendarmi dell'euro».

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