Il «patto» choc del pm col bombarolo di Brindisi

Il pm si sarebbe accordato col legale dell'assassino per far cadere l'ipotesi di terrorismo, pur di non cedere l'inchiesta all'Antimafia di Lecce

Il «patto» choc del pm col bombarolo di Brindisi

Toglietegli tutto, ma non il suo bel fascicolo. Quello sull'uccisione della povera Melissa Bassi, dilaniata dall'esplosione di una bombola di gas alla scuola «Falcone Morvillo» di Brindisi il 19 maggio scorso. Quello che doveva tornare per forza alla sua procura, anche a costo di aiutare l'avvocato del killer reo-confesso Giovanni Vantaggiato a smontare l'ipotesi della finalità terroristica che, altrimenti, l'avrebbe lasciato sui lontani lidi dell'antimafia di Lecce.

Non si è mosso ovviamente per offrire una sponda o un aiuto all'assassino, il procuratore brindisino Marco Dinapoli, finito ieri davanti alla commissione disciplinare del Csm per i rapporti di un certo tipo con il legale del bombarolo indagato, ma per rimettere le mani su un'indagine a cui evidentemente teneva da pazzi. Un fascicolo sul quale erano puntati gli occhi della stampa nazionale e internazionale, ansiosa di sapere il perché di quell'attentato. Dinapoli avrebbe passato all'avvocato Orlando «sentenze e commenti di dottrina» che sarebbero serviti a preparare una memoria difensiva e smontare l'ipotesi dell'aggravante terroristica, peraltro confermata anche dal Riesame che, a proposito del folle gesto di Vantaggiato, scrisse che «voleva terrorizzare la nazione».

Uno scenario investigativo spuntato all'indomani della contestatissima conferenza stampa di Dinapoli, ad appena 24 ore dall'attentato, nel corso della quale il capo dei pm brindisini, pur con un certo intuito, disse che si trattava con tutta probabilità di un gesto isolato, non collegato alla criminalità organizzata o all'eversione, men che meno alla nuova trattativa Stato-mafia, di cui poteva essere autore una «persona arrabbiata e in guerra con il mondo, che si sente vittima o nemico di tutti e che utilizza una simile occasione per far esplodere tutta la sua rabbia». Aggiunse che esistevano anche dei filmati sul killer in azione (che, di lì a poco, sarebbero finiti anche sulle prime pagine dei quotidiani) e «immagini terribili» dell'assassino che azionava con un telecomando l'ordigno. Fiuto da segugio.

Il tempo gli ha dato ragione, almeno per quanto riguarda la dinamica e le motivazioni del gesto. Peccato, però, che quell'improvvisa confidenza con la stampa (costatagli in passato anche una denuncia, poi archiviata, da parte dell'ex ministro Fitto per una fuga di notizie riferita a quando Dinapoli era coordinatore del pool mani pulite a Bari) avesse scatenato la reazione del capo della Dda di Lecce Cataldo Motta («nessuna pista si può escludere, non siamo in condizioni di dire che è il gesto di un folle») e del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso («tutte le ipotesi riferibili alla strage sono ancora all'esame delle autorità inquirenti»). Qualche ora ancora e il fascicolo avrebbe messo le ali verso l'ufficio inquirente salentino. L'iniziale ipotesi di strage contro ignoti si trasformò infatti in strage con finalità terroristica. Una «mutazione» giudiziaria che sottrasse a Dinapoli la titolarità del fascicolo per trasferirla a Lecce.

Tanto il procedimento disciplinare quanto l'indagine penale di Potenza per abuso d'ufficio e favoreggiamento (conclusasi con un'archiviazione, perché il gip ha riconosciuto non c'è alcunché di penalmente rilevante nella condotta del magistrato brindisino) sono partiti proprio dagli esposti firmati da Motta. Alle denunce sono state allegate le intercettazioni telefoniche tra l'avvocato Orlando e la moglie di Vantaggiato, cui il penalista avrebbe confidato di essere stato contattato dal procuratore, e copie delle sentenze sul terrorismo passategli dallo stesso.

Al Giornale il legale di Vantaggiato si limita a un no-comment. «Non ho nessuna dichiarazione da fare. Sono questioni che non mi toccano, non c'è alcuna ragione per cui io intervenga in questa storia».

gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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