Il Pd tradisce le larghe intese: scheda bianca sulla Santanchè

I democratici si sfilano sulla candidata alla vicepresidenza della Camera indicata dal Pdl. Alfano tratta per evitare lo strappo, ma il pericolo è che l'incarico finisca a grillini e vendoliani

Il Pd tradisce le larghe intese: scheda bianca sulla Santanchè

Roma - Il caso Santanchè scuote la maggioranza. Il Pd, infatti, si sfila sul voto alla candidata alla vicepresidenza della Camera. Né sì né no ma una pilatesca scheda bianca, anche se Alfano riceve il mandato di trattare con i vertici del Pd per scongiurare la scheda bianca. Se non di tutti, almeno di una ampia maggioranza. Troppi i mal di pancia tra i democrat, a rischio esplosione. Così, a farne le spese, la pasionaria pidiellina che avrebbe dovuto prendere il posto che fu di Maurizio Lupi, ora volato al ministero delle Infrastrutture. La vicepresidenza di Montecitorio spetta al Pdl ma dal Pd c'è stata una levata di scudi sul nome della Santanchè. «Un nome troppo divisivo», sostengono con un eufemismo molti democrat; «indigeribile», la giudicano altri più terra a terra. Così, le larghe intese rischiano di slabbrarsi a dismisura per questioni di organigramma.

Il barbuto e giovane turco Matteo Orfini aveva fatto presagire scenari scottanti: «Penso che candidare Santanchè alla vicepresidenza sia cercare un incidente - dice grave -. Non penso di votarla e credo che alcune scelte rischiano di essere delle mine sulla strada di questo governo». Pensiero personale? La sua corrente comprende una ventina di deputati su 293. Ma anche Emanuele Fiano e Pippo Civati spiegano il loro pollice verso: «Nel 2008 la Santanchè - ha scritto Fiano - dichiarò di essere orgogliosamente fascista, io nel 2013 orgogliosamente non la voterò vicepresidente». Civati ha sbattuto i pugni sul tavolo: «Pare che i dubbi non riguardino solo me. Che si fa? Si sceglie la candidata divisivissima o si opta per soluzioni più miti e meno pitonate? Se volete la mia personalissima opinione - ha graffiato - la Santanchè non è proprio l'ideale nemmeno per le larghe intese». Stesso pensiero della bersaniana Alessandra Moretti che ha sparato a zero: «Non si possono usare le istituzioni per lanciare provocazioni. All'interno del Pdl ci sono figure meno divisive del nome della Santanchè. Il Pdl trovi una figura alternativa».

Già, il Pdl. Rumors di palazzo giurano che anche tra i berlusconiani qualcuno potrebbe tradire. Cosa non impossibile visto che il voto è a scrutinio segreto. Così, tra i 97 deputati azzurri qualcuno potrebbe, nel segreto dell'urna, negare il proprio «sì». Alla luce del sole tutti si sono espressi a favore della Santanchè. Da Maurizio Lupi: «Questi ruoli per loro natura rappresentano tutto il Parlamento: sarebbe molto strano che in questo momento politico il Pdl non avesse quel posto perché qualcuno ritiene che non vada bene una persona piuttosto che un'altra»; a Fabrizio Cicchitto: «Leggo di possibili franchi tiratori. Quale che sia il colore di questi eventuali franchi tiratori mi auguro che si tratti di una forzatura giornalistica. Un conto è il dibattito politico, e gli eventuali dissensi, un conto è la lealtà nel voto se questo è a scrutinio segreto». Pure il segretario del Pdl Alfano è stato tranchant: «Santanchè è la nostra candidata senza alternative e non c'è ragione alcuna perché il Pd debba dire di no. Abbiamo votato presidenti di commissione iperconnotati dal punto di vista partitico, in un quadro di accordi generali. Ora chiediamo al Pd di ricambiarci con la stessa lealtà».

Lealtà che pare svenduta sull'altare dell'unione interna. A spese di una candidata che ora traballa. I numeri: il Pdl ha 97 deputati, la Lega 20, Scelta civica 47, Fratelli d'Italia 9. Scelta civica, tuttavia, non voterà compatta e Edoardo Nesi ha già fatto outing: «Io non la voto», ha twittato.

Sulla carta, quindi, è possibile che M5S e Sel convergano su un loro candidato, forti dei loro numeri: 106 pentastellati e 37 vendoliani. Totale: 143. Non è peregrina l'ipotesi che il vicepresidente che fu pidiellino, e che al Pdl spetta, sia invece grillino o giù di lì. Un vero e proprio strappo che non potrà non avere ripercussioni politiche.

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