«Ma posto fisso non significa inamovibile»

«Ma posto fisso non significa inamovibile»

«Un segnale positivo, speriamo sia il primo passo di un cammino che ridia centralità al lavoro stabile e che elimini il dualismo fra lavoratori ipergarantiti e non garantiti». Questo il giudizio di Stefano Colli-Lanzi (nel tondo), amministratore delegato di Gi Group (la prima multinazionale italiana del mercato del lavoro), sulle mosse del governo.
Limitandoci al mercato del lavoro, qual è la misura che più la induce all’ottimismo?
«L’abolizione della cosiddetta clausola causale per la somministrazione a tempo determinato di lavoratori in condizioni di disagio».
E cioè?
«Per i contratti in somministrazione a tempo determinato, le aziende potranno chiedere alle agenzie lavoratori in condizioni di disagio, come donne e giovani disoccupati, anche in assenza delle “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo” che prima erano tassative».
Qual è il prossimo passo da compiere?
«L’abolizione della “causale” per i lavoratori somministrati sia a tempo determinato che indeterminato (staff leasing). Nel biennio 2010-’11 grazie all’abolizione della causale sui lavoratori in mobilità sono state ricollocate 70mila persone. E poi la causale non tutela i lavoratori, ma chi vive di contenzioso».
A parte la patologia, che caratteristiche dovrebbe avere un mercato del lavoro che favorisca la ripresa economica?
«Dobbiamo dare centralità a rapporti di lavoro stabili che portino le aziende e le persone ad investire reciprocamente».
E la flessibilità?
«Servono anche strumenti che consentano alle aziende di adeguare la forza lavoro alla produzione».
Dalla flessibilità alla precarietà...
«No. Perché il decreto del governo è anche il primo passo verso il riconoscimento del ruolo delle agenzie come Gi Group, che garantiscono stabilità ai lavoratori».
In che modo?
«Si parla di parità di retribuzione fra lavoratore a tempo indeterminato e lavoratore somministrato come di una novità ma in realtà c’è da tempo. Anzi, il lavoratore somministrato è stabile e ha già garanzie in più: ogni 100 euro spesi per la sua retribuzione le agenzie ne accantonano 4 per formazione e riqualificazione».
Quindi la vostra ricetta è: più flessibilità e più ricorso alle agenzie di lavoro interinale.
«Si vada verso un contratto a tempo indeterminato che non significhi inamovibilità. E spostiamo la flessibilità, quella buona, sulle agenzie. E puntiamo sulle politiche attive».
Ovvero?
«Meno sussidi di disoccupazione e più supporto alla formazione e alla riqualificazione. Così il sistema è più efficiente. Su un campione di licenziati, l’85% ha trovato un nuovo posto in meno di 5 mesi».
Quali altre riforme servono?
«Bisogna togliere rigidità al contratto a tempo indeterminato, per esempio con il licenziamento per motivi economici. L’attuale sistema produce il basso livello delle retribuzioni e il dualismo tra lavoratori protetti e giovani che sono discriminati».
Bisogna abolire l’articolo 18?
«Non so se dire abolizione o revisione. Comunque, gli imprenditori devono poter valutare la produttività dei dipendenti e agire di conseguenza. L’attuale sistema induce le aziende a cercare strumenti al di fuori della legislazione, con contratti che non rispettano i minimi retributivi e contributivi».
Il lavoro flessibile deve essere retribuito meglio di quello stabile?
«Oppure deve avere più garanzie in termini di assicurazione, contribuzione e formazione».
Qual è la vostra posizione sull’apprendistato?
«È fondamentale. Spero che il prossimo accordo con i sindacati permetta alle agenzie di somministrarlo».
Quali sono le prospettive del vostro settore?
«Nel 2011 il settore è cresciuto del 15%, Gi Group un po’ di più.

Ma tutto nei primi 9 mesi. In settembre siamo entrati in recessione e le previsioni erano molto negative».
E adesso?
«Le prospettive sono migliori, anche perché il governo ha costruito condizioni di fiducia per la ripresa».

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